Da nord a sud dell’Italia un coro di No si leva contro le infrastrutture inutili e dannose. La Tav, la Tap, il Muos, e non solo. Progetti che i due partiti al governo non vogliono fermare, in ossequio alle lobbies del cemento e rinnegando le promesse fatte in campagna elettorale

L’8 dicembre, per la Val di Susa, non è una data qualsiasi. Quel giorno, nel 1943, in una frazione del comune di San Giorio di Susa, una pattuglia di partigiani si incontra, per giurare di non cessare la lotta contro l’occupante nazista e il traditore fascista sino alla liberazione. Sessantadue anni dopo, nello stesso giorno del 2005, in quella medesima vallata, la popolazione si attiva per allontanare un altro occupante. Al posto dei carri armati: ruspe, gru, macchinari. Sono gli strumenti con cui i vincitori degli appalti intendono attuare il progetto di deturpazione della valle ordinato dai governi italiano e francese: una linea ferroviaria ad alta velocità destinata in massima parte al trasporto di merci. Il cui transito complessivo sull’arco alpino da venti anni – è bene ricordarlo – è in calo costante. Nel dicembre di tredici anni fa, gli abitanti della Val di Susa decidono di riappropriarsi  simbolicamente di Venaus, facendo irruzione nel cantiere del primo maxisondaggio. Per dimostrare che fermare il disastro è possibile.

Uno scempio economico e ambientale che costerebbe complessivamente circa 11 miliardi di euro (considerando il tratto transfrontaliero, di cui più di 3 li dovrebbe mettere l’Italia, al netto di contributi francesi ed Ue), mentre l’attuale linea merci resta – di fatto – sottoutilizzata. Fermare tutto non comporterebbe penali (non previste dall’accordo bilaterale Italia-Francia), e nemmeno lascerebbe l’opera a metà, dato che né sul lato francese né su quello italiano è ancora stato deposto un metro di binari.

Ma una galassia di poteri forti – lobbies industriali in testa – non ci sta, e lavora per stroncare una resistenza ormai quasi trentennale. Una dinamica, questa, che viene replicata in molti territori. Dal nord al sud del Paese. Per questo motivo, i movimenti contro le grandi opere inutili dannose e imposte torneranno a farsi sentire, all’unisono, l’8 dicembre.

«È diventata la data delle lotte ambientali un po’ per tutti», spiega Nicoletta Dosio, storica militante, simbolo della lotta No Tav. La nuova mobilitazione dei valligiani, in particolare, assume un…

L’articolo di Leonardo Filippi prosegue su Left in edicola dal 7 dicembre 2018


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