Un messaggio Whatsapp arrivato alle 18.31 del 13 dicembre. Il testo è bellissimo: «Abbiamo vinto la causa per discriminazione razziale contro il Comune di Lodi. Il giudice del Tribunale di Milano ci ha dato ragione. La lotta paga». Raggiungere Silvana Cesani, ex assessora ed oggi fra le promotrici del Coordinamento Uguali doveri, è semplice ma ti rovescia addosso una valanga di gioia, di tensione e di commozione, di rabbia repressa e covata da tanto tempo. «Qui non ci stiamo capendo nulla - dice ridendo - stiamo organizzando una festa in piazza, a Piazza Broletto, per festeggiare e contestare il Comune. C’è chi piange e chi si abbraccia. Non ci sembra possibile. Eppure le 18 pagine con cui il giudice Nicola Di Plotti, in nome del Tribunale del capoluogo lombardo, ha pronunciato la sua ordinanza, non lasciano spazio ad interpretazioni o fraintendimenti». Un passo indietro per chi non ha seguito la vicenda di cui abbiamo parlato su Left. La sindaca leghista Sara Casanova, aveva deciso di negare i benefici dell’Isee, in particolare l’accesso gratuito alla mensa scolastica, ai bambini di quelle famiglie non comunitarie che non avessero prodotto tre certificati attestanti l’insussistenza di proprietà nel Paese di origine tali da non rendere i bambini beneficiari di tale sostegno. A nulla è valso spiegare che le ambasciate e i consolati dei Paesi di provenienza non erano in grado di fornire tale documentazione né che tale richiesta fosse evidentemente discriminatoria. Ma è stato un boomerang per l’amministrazione leghista. Intanto cittadine e cittadini hanno cominciato ad organizzarsi, al di là delle differenze politiche, per promuovere una raccolta fondi tale da garantire l’accesso alla mensa. Poi hanno messo in piedi un Coordinamento, iniziato a fare presidi e mobilitazioni, intrapreso azioni legali nei confronti del Comune. Il 10 novembre, scorso, la stessa Cesani era intervenuta a conclusione della grande manifestazione nazionale contro il razzismo e le diseguaglianze (#indivisibili) che si è tenuta a Roma, raccontando anche di come la resistenza della comunità abbia contagiato costringendo ad un certo punto il Coordinamento a chiedere di bloccare ogni invio di denaro, si erano raccolti 145 mila euro che avrebbero assicurato ai bambini la mensa fino al termine delle indagini. Asgi e Naga di Milano, avevano infatti presentato un articolato esposto e il giudice ha risposto in tempi estremamente brevi. Le 18 pagine dell’ordinanza illustrano il contrasto duro fra una amministrazione comunale che tenta in ogni modo di negare l’evidenza delle discriminazioni contenute nel proprio regolamento, di delegittimare le ragioni dei ricorrenti, di appellarsi a proprie abbastanza astruse interpretazioni delle norme vigenti per far valere le proprie decisioni e le obiezioni che avvalendosi di fonti legislative ben più solide, impongono anche il prevalere del buon senso. L’ordinanza che ne emerge ha carattere di esemplarità: «Accerta la condotta discriminatoria del Comune di Lodi consistente nella modifica del “Regolamento per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate” con la delibera del Consiglio Comunale n. 28/2017 (…) Ordina al Comune di Lodi di modificare il predetto “Regolamento per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate” in modo da consentire ai cittadini non appartenenti all’Unione Europea di presentare la domanda di accesso a prestazioni sociali agevolate mediante la presentazione dell’Isee alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani e dell’Unione Europea in generale. Condanna il Comune di Lodi alla rifusione delle spese processuali in favore di Asgi - Associazione degli Studi Giuridici sull’Immigrazione e Naga - Associazione Volontaria di assistenza sociosanitaria e per i diritti di cittadini stranieri, rom e sinti, liquidate in € 5.000,00 per compensi, oltre al rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%; IVA e Cpa come per legge». Danno e beffa insomma, del resto era già noto che il Comune avesse messo in bilancio una cifra destinata a pagare le spese in caso di sconfitta in tribunale. Facile che ovviamente si ricorra e facile che si riscateni la canea razzista del “prima gli italiani”. Ma questa decisione va a colpire anche tanti Comuni, soprattutto nel Lombardo – Veneto, che già da tempo avevano apportato simili modifiche regolamentari incontrando scarsa opposizione. Oggi si può consigliare a tali amministrazioni di rivedere tali norme prima che altri sollevino la testa. Lodi ha dato una lezione a tutti. Come dicono loro: «Il cibo dei bambini non si tocca / lo difenderemo con la lotta».  

Un messaggio Whatsapp arrivato alle 18.31 del 13 dicembre. Il testo è bellissimo: «Abbiamo vinto la causa per discriminazione razziale contro il Comune di Lodi. Il giudice del Tribunale di Milano ci ha dato ragione. La lotta paga». Raggiungere Silvana Cesani, ex assessora ed oggi fra le promotrici del Coordinamento Uguali doveri, è semplice ma ti rovescia addosso una valanga di gioia, di tensione e di commozione, di rabbia repressa e covata da tanto tempo.

«Qui non ci stiamo capendo nulla – dice ridendo – stiamo organizzando una festa in piazza, a Piazza Broletto, per festeggiare e contestare il Comune. C’è chi piange e chi si abbraccia. Non ci sembra possibile. Eppure le 18 pagine con cui il giudice Nicola Di Plotti, in nome del Tribunale del capoluogo lombardo, ha pronunciato la sua ordinanza, non lasciano spazio ad interpretazioni o fraintendimenti».

Un passo indietro per chi non ha seguito la vicenda di cui abbiamo parlato su Left. La sindaca leghista Sara Casanova, aveva deciso di negare i benefici dell’Isee, in particolare l’accesso gratuito alla mensa scolastica, ai bambini di quelle famiglie non comunitarie che non avessero prodotto tre certificati attestanti l’insussistenza di proprietà nel Paese di origine tali da non rendere i bambini beneficiari di tale sostegno. A nulla è valso spiegare che le ambasciate e i consolati dei Paesi di provenienza non erano in grado di fornire tale documentazione né che tale richiesta fosse evidentemente discriminatoria.

Ma è stato un boomerang per l’amministrazione leghista. Intanto cittadine e cittadini hanno cominciato ad organizzarsi, al di là delle differenze politiche, per promuovere una raccolta fondi tale da garantire l’accesso alla mensa. Poi hanno messo in piedi un Coordinamento, iniziato a fare presidi e mobilitazioni, intrapreso azioni legali nei confronti del Comune. Il 10 novembre, scorso, la stessa Cesani era intervenuta a conclusione della grande manifestazione nazionale contro il razzismo e le diseguaglianze (#indivisibili) che si è tenuta a Roma, raccontando anche di come la resistenza della comunità abbia contagiato costringendo ad un certo punto il Coordinamento a chiedere di bloccare ogni invio di denaro, si erano raccolti 145 mila euro che avrebbero assicurato ai bambini la mensa fino al termine delle indagini.

Asgi e Naga di Milano, avevano infatti presentato un articolato esposto e il giudice ha risposto in tempi estremamente brevi. Le 18 pagine dell’ordinanza illustrano il contrasto duro fra una amministrazione comunale che tenta in ogni modo di negare l’evidenza delle discriminazioni contenute nel proprio regolamento, di delegittimare le ragioni dei ricorrenti, di appellarsi a proprie abbastanza astruse interpretazioni delle norme vigenti per far valere le proprie decisioni e le obiezioni che avvalendosi di fonti legislative ben più solide, impongono anche il prevalere del buon senso.

L’ordinanza che ne emerge ha carattere di esemplarità: «Accerta la condotta discriminatoria del Comune di Lodi consistente nella modifica del “Regolamento per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate” con la delibera del Consiglio Comunale n. 28/2017 (…) Ordina al Comune di Lodi di modificare il predetto “Regolamento per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate” in modo da consentire ai cittadini non appartenenti all’Unione Europea di presentare la domanda di accesso a prestazioni sociali agevolate mediante la presentazione dell’Isee alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani e dell’Unione Europea in generale. Condanna il Comune di Lodi alla rifusione delle spese processuali in favore di Asgi – Associazione degli Studi Giuridici sull’Immigrazione e Naga – Associazione Volontaria di assistenza sociosanitaria e per i diritti di cittadini stranieri, rom e sinti, liquidate in € 5.000,00 per compensi, oltre al rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%; IVA e Cpa come per legge».

Danno e beffa insomma, del resto era già noto che il Comune avesse messo in bilancio una cifra destinata a pagare le spese in caso di sconfitta in tribunale. Facile che ovviamente si ricorra e facile che si riscateni la canea razzista del “prima gli italiani”. Ma questa decisione va a colpire anche tanti Comuni, soprattutto nel Lombardo – Veneto, che già da tempo avevano apportato simili modifiche regolamentari incontrando scarsa opposizione. Oggi si può consigliare a tali amministrazioni di rivedere tali norme prima che altri sollevino la testa. Lodi ha dato una lezione a tutti. Come dicono loro: «Il cibo dei bambini non si tocca / lo difenderemo con la lotta».