C’è una vertenza invisibile che si trascina da mezzo secolo. È la battaglia per la sindacalizzazione dei militari, 350mila lavoratrici e lavoratori in divisa separati, a volte contrapposti ad arte, da chi una divisa non l’indossa. Questa lotta s’è intrecciata, nelle stagioni in cui la speranza era più forte del rancore, con le ondate di rivendicazioni civili e sociali fin dalla fine degli anni 60 quando, sulla scia di autunni caldi, si tenevano riunioni clandestine di poliziotti, allora ancora militarizzati, e si formavano comitati di ufficiali e sottufficiali democratici, oppure per la smilitarizzazione e i pieni diritti anche di forestali e finanzieri, e i soldati di leva portavano in caserma le stesse inquietudini e speranze che infervoravano la società e le medesime forme organizzative (ricordate i Proletari in divisa?) dei movimenti sociali.
All’inizio degli anni 80 un primo risultato si poté toccare con mano: le stellette furono scucite dalle spalline dei poliziotti i quali finalmente potettero dar vita a sindacati, seppure diversi da quelli dei lavoratori civili (non possono federarsi, né scioperare, né occuparsi di ordinamento, addestramento, impiego del personale) e a volte protagonisti di episodi inquietanti, soprattutto le sigle più legate alle destre, allergiche ai processi contro colleghi che commettono abusi, ai numeri identificativi, a norme contro la tortura e all’agibilità politica delle proteste sociali.
Per i soldati, invece, fu inventato un meccanismo di rappresentanza, nel ’78, ancora più anomalo e ingessato, anacronistico fin dalla promulgazione: i consigli di base, intermedi e centrali di rappresentanza, Cobar, Coir e Cocer, con le stesse gerarchie che condizionano la vita militare, competenti su temi marginali e solo consultivi. Il loro isolamento dagli altri cittadini, secondo la legge, dovrebbe servire a garantire le esigenze di coesione interna, la loro neutralità dalla politica e la fedeltà alla Repubblica, ma nel resto d’Europa – in sintonia con i trattati internazionali – tutti i militari possono organizzarsi in sindacati senza che questo abbia mai inficiato le rispettive stabilità politiche, come dimostra pure la storia della sindacalizzazione della polizia.
«Secondo noi è il modello da seguire per realizzare un modello di tutela non corporativo» spiegano a Left i delegati Cocer Guardia di finanza Eliseo Taverna, Daniele Tisci, Alessandro Margiotta e Guglielmo Picciuto. «Ci si è assuefatti a un sistema di rappresentanza con mere funzioni consultive – aggiungono – che non ha mai avuto…