Quella che si prepara per le elezioni europee del 26 maggio 2019 è una partita difficilissima. La sinistra non solo è divisa, ma appare afona, incapace di fare opposizione e di articolare una proposta politica valida per contrastare l’avanzata delle destre nazionaliste e clericofasciste. In Italia, in particolare, manca una vera opposizione al governo giallonero dei porti chiusi, che usa il pugno duro contro i soggetti più vulnerabili mentre - nonostante i proclami - è un exemplum di calabraghismo rispetto all’Europa dei poteri forti.

Migranti abbandonati alla deriva senza un approdo sicuro, respingimenti, stretta su permessi umanitari, l’incostituzionale restrizione del diritto d’asilo. Le politiche xenofobe e razziste dei Legastellati hanno prodotto meno sbarchi e più morti in mare. Una deriva iniziata quando era ministro dell’Interno Minniti (Pd), che ha tolto un grado di giudizio ai richiedenti asilo, ha stretto accordi con i libici, criminalizzando il lavoro delle Ong. Ora, il governo giallonero, in sintonia con i sovranisti del gruppo di Visegrád (di cui fanno parte la Polonia e l’Ungheria di Orban), vorrebbe che il Mediterraneo diventasse un invalicabile fossato e che solo le merci (non le persone) possano attraversare liberamente le frontiere della Fortezza europea.

Trattando l’immigrazione alla stregua di un problema di sicurezza, lanciando paranoiche campagne per fermare un’invasione che non c’è, le destre, come nel passato, puntano a creare un nemico, lo costruiscono ad "arte", alimentano cacce violente al capro espiatorio - migranti, rom, minoranze, senzatetto - mistificando le reali cause dei problemi sociali. Ma è questa l’Europa che vogliamo? Vogliamo che il Mediterraneo diventi ancor più un cimitero? Vogliamo che l’ideologia suprematista alla Bannon si imponga rivendicando radici esclusivamente cristiane che l’Europa non ha mai avuto? Domande per noi pleonastiche, ovviamente.

Mentre a pochi mesi dalle elezioni europee la sinistra tarda a farsi sentire con proposte e programmi, in questa storia di copertina abbiamo voluto uscire dalle logiche degli schieramenti per cercare di volare alto sul piano dei contenuti e delle idee, chiedendo a filosofi, giuristi, politologi e persone di cultura di aiutarci a tratteggiare l’Europa che vorremmo, un’Europa aperta, laica, inclusiva, che nasca dal fertile dialogo fra culture, aperta al nuovo, alla ricerca, allo sviluppo sostenibile.

Un’Europa che metta al centro le persone, la dignità sociale, la lotta alle disuguaglianze.

Un’Europa che riconosca la naturale e fondamentale uguaglianza di tutti gli esseri umani, ma anche impegnata a rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo di ogni donna e uomo, per parafrasare uno degli articoli più belli e rivoluzionari della Costituzione italiana. Come scrive Nadia Urbinati l’utopia spinelliana oggi è più concreta che mai.

Certo, non si realizza da sola. Per questo, proponendo di allargare lo sguardo al Mediterraneo, lo spinelliano Pier Virgilio Dastoli propone di avviare un processo costituente. Perché il futuro dell’Europa è anche quello del Mediterraneo. Ed ha tanti colori e accenti. Come ci ricorda la mostra Europa und das Meer in corso al Deutsches Historisches Museum di Berlino, l’Europa è sempre stata terra d’emigrazione. Lo racconta esponendo bauli, valigie, lettere dei primi migranti che fecero la traversata atlantica per scappare dalla povertà. Accanto ci sono zaini, marsupi e cellulari appartenuti a profughi naufragati nel tentativo di raggiungere l’Europa.

La storia ultramillenaria del Mare nostrum raccontata da grandi storici come Braudel e Abufalia, ci parla del Mediterraneo come ponte, come risorsa, non come barriera.

Ce lo insegna anche la storia di Riace. Dal mare nel 1972 riemersero i magnifici bronzi che rappresentano una rara testimonianza della Magna Grecia in Calabria. Da quello stesso mare nel 1998 arrivò il veliero con a bordo profughi curdi che insieme agli abitanti di Riace - grazie al lavoro e all’intelligenza politica del sindaco Mimmo Lucano - hanno fatto rinascere lo spopolato paesino della Locride, avviando una magnifica storia di emancipazione personale e di riscatto collettivo  dall’oppressione della criminalità organizzata e della perdita di speranza nel futuro.

Quella che la procura di Locri ora di nuovo mette alla sbarra è una straordinaria storia glocal, locale, europea e universale, che sconfessa la propaganda delle destre nazionaliste impostata sulla logica sanguinaria vita mea mors tua. La storia di Riace mostra in modo toccante come dall’incontro con chi viene da lontano possa nascere qualcosa di nuovo, di bello, di sconosciuto.

Il mito d’Europa, del resto, ci parla di una fanciulla fenicia rapita, costretta a lasciare la propria terra suo malgrado. Una fanciulla venuta dal mare.

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L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 4 gennaio 2019

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Quella che si prepara per le elezioni europee del 26 maggio 2019 è una partita difficilissima. La sinistra non solo è divisa, ma appare afona, incapace di fare opposizione e di articolare una proposta politica valida per contrastare l’avanzata delle destre nazionaliste e clericofasciste. In Italia, in particolare, manca una vera opposizione al governo giallonero dei porti chiusi, che usa il pugno duro contro i soggetti più vulnerabili mentre – nonostante i proclami – è un exemplum di calabraghismo rispetto all’Europa dei poteri forti.

Migranti abbandonati alla deriva senza un approdo sicuro, respingimenti, stretta su permessi umanitari, l’incostituzionale restrizione del diritto d’asilo. Le politiche xenofobe e razziste dei Legastellati hanno prodotto meno sbarchi e più morti in mare. Una deriva iniziata quando era ministro dell’Interno Minniti (Pd), che ha tolto un grado di giudizio ai richiedenti asilo, ha stretto accordi con i libici, criminalizzando il lavoro delle Ong. Ora, il governo giallonero, in sintonia con i sovranisti del gruppo di Visegrád (di cui fanno parte la Polonia e l’Ungheria di Orban), vorrebbe che il Mediterraneo diventasse un invalicabile fossato e che solo le merci (non le persone) possano attraversare liberamente le frontiere della Fortezza europea.

Trattando l’immigrazione alla stregua di un problema di sicurezza, lanciando paranoiche campagne per fermare un’invasione che non c’è, le destre, come nel passato, puntano a creare un nemico, lo costruiscono ad “arte”, alimentano cacce violente al capro espiatorio – migranti, rom, minoranze, senzatetto – mistificando le reali cause dei problemi sociali. Ma è questa l’Europa che vogliamo? Vogliamo che il Mediterraneo diventi ancor più un cimitero? Vogliamo che l’ideologia suprematista alla Bannon si imponga rivendicando radici esclusivamente cristiane che l’Europa non ha mai avuto? Domande per noi pleonastiche, ovviamente.

Mentre a pochi mesi dalle elezioni europee la sinistra tarda a farsi sentire con proposte e programmi, in questa storia di copertina abbiamo voluto uscire dalle logiche degli schieramenti per cercare di volare alto sul piano dei contenuti e delle idee, chiedendo a filosofi, giuristi, politologi e persone di cultura di aiutarci a tratteggiare l’Europa che vorremmo, un’Europa aperta, laica, inclusiva, che nasca dal fertile dialogo fra culture, aperta al nuovo, alla ricerca, allo sviluppo sostenibile.

Un’Europa che metta al centro le persone, la dignità sociale, la lotta alle disuguaglianze.

Un’Europa che riconosca la naturale e fondamentale uguaglianza di tutti gli esseri umani, ma anche impegnata a rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo di ogni donna e uomo, per parafrasare uno degli articoli più belli e rivoluzionari della Costituzione italiana. Come scrive Nadia Urbinati l’utopia spinelliana oggi è più concreta che mai.

Certo, non si realizza da sola. Per questo, proponendo di allargare lo sguardo al Mediterraneo, lo spinelliano Pier Virgilio Dastoli propone di avviare un processo costituente. Perché il futuro dell’Europa è anche quello del Mediterraneo. Ed ha tanti colori e accenti. Come ci ricorda la mostra Europa und das Meer in corso al Deutsches Historisches Museum di Berlino, l’Europa è sempre stata terra d’emigrazione. Lo racconta esponendo bauli, valigie, lettere dei primi migranti che fecero la traversata atlantica per scappare dalla povertà. Accanto ci sono zaini, marsupi e cellulari appartenuti a profughi naufragati nel tentativo di raggiungere l’Europa.

La storia ultramillenaria del Mare nostrum raccontata da grandi storici come Braudel e Abufalia, ci parla del Mediterraneo come ponte, come risorsa, non come barriera.

Ce lo insegna anche la storia di Riace. Dal mare nel 1972 riemersero i magnifici bronzi che rappresentano una rara testimonianza della Magna Grecia in Calabria. Da quello stesso mare nel 1998 arrivò il veliero con a bordo profughi curdi che insieme agli abitanti di Riace – grazie al lavoro e all’intelligenza politica del sindaco Mimmo Lucano – hanno fatto rinascere lo spopolato paesino della Locride, avviando una magnifica storia di emancipazione personale e di riscatto collettivo  dall’oppressione della criminalità organizzata e della perdita di speranza nel futuro.

Quella che la procura di Locri ora di nuovo mette alla sbarra è una straordinaria storia glocal, locale, europea e universale, che sconfessa la propaganda delle destre nazionaliste impostata sulla logica sanguinaria vita mea mors tua. La storia di Riace mostra in modo toccante come dall’incontro con chi viene da lontano possa nascere qualcosa di nuovo, di bello, di sconosciuto.

Il mito d’Europa, del resto, ci parla di una fanciulla fenicia rapita, costretta a lasciare la propria terra suo malgrado. Una fanciulla venuta dal mare.

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 4 gennaio 2019


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