Dopo il parere positivo del Politecnico di Torino sembra ufficiale: «#lostadiosifa. In arrivo oltre un miliardo di euro di investimenti per la città». Il moVimento 5 Stelle Roma, partito che governa la Capitale, affida il proprio giubilo al social dei 240 caratteri. «Brava Virginia Raggi. E poi dicono che il M5s è contro le grandi opere. Avanti così!», risponde sul medesimo social il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli.
«Ho già scritto al presidente dell’assemblea capitolina De Vito – annuncia anche la sindaca – ci sarà un consiglio straordinario sullo stadio della Roma e sul parere del Politecnico». «L’amministrazione non è contro le grandi opere ma a favore delle opere che vanno a beneficio dei cittadini», continua Virginia Raggi presentando la relazione del Politecnico di Torino. «Un’ottima notizia per tutta la città». Il partito del cemento, insomma, è contento e pensa allo Stadio come «apripista a una nuova stagione di idee, progetti e lavoro ed anche ai tanti programmi urbanistici da tempo in istruttoria».
Ma il sì allo stadio «è un sì condizionato: cioè lo stadio va bene, ma prima vanno realizzate politiche che portino a un’offerta di mobilità plurimodale, che si aggiunga alla mobilità privata», ha voluto precisare Bruno Dalla Chiara, docente del Politecnico che ha realizzato lo studio per verificare l’impatto sulla mobilità dell’area prodotto dall’impianto.
Dopo una serie di annunci, ritardi burocratici, “contrattempi” di ogni sorta (l’ultimo dei quali ha portato all’arresto del palazzinaro Parnasi, proponente del progetto con la società Eurnova), James Pallotta, il presidente della As Roma, sente di essere a un passo dalla posa della prima pietra. Si tenga a mente che, nella speculazione originale di Tor di Valle la cubatura destinata all’impianto era soltanto il 14% di quella complessiva. Il resto era un diluvio di altri 800mila metri cubi di cemento che forma un “business-park” di uffici, centri commerciali, alberghi e tre enormi torri (la più alta è di 200 metri). La più grande colata di cemento in progettazione in Europa, l’ha definita l’urbanista Portoghesi (non certo un estremista). Il progetto è stato localizzato in un’area poco servita, verde, ma in stato di abbandono dopo la chiusura dell’ippodromo, con evidenti problemi di viabilità, raggiungibilità e rischi di esondazione. Allora perché proprio lì? Parnasi, indebitato fino al midollo con Unicredit, ha acquistato i terreni da una società fallita a prezzi da saldo e s’è offerto come location e “sviluppatore”. Unicredit vede in questa operazione la possibilità di rientrare dei debiti di Parnasi e tramite i suoi strettissimi rapporti con la proprietà di As Roma – di cui aveva finanziato il salvataggio – pilota e instrada la proposta a Pallotta, presidente della Roma ma soprattutto gestore negli USA di fondi di investimento e grande speculatore finanziario. La compagine dei proponenti avvia una trattativa con la giunta Marino che avvia la “contrattazione” urbanistica. Il Comune non ha un cent, così i proponenti si offrono “generosamente” di realizzar urbanizzazioni e infrastrutture in cambio di ulteriori cubature. Marino e l’allora assessore Caudo non fecero una piega concedendo la delibera di interesse pubblico e diventano i paladini, spacciandolo per “sviluppo” e “occasione per Roma”. Come fanno Raggi e Toninelli ora. La retorica ufficiale lo pompa come il “nuovo Colosseo”. Sul sito ufficiale, non aggiornato dal 2017, non ci sono dettagli ma si possono leggere proclami di questo tenore: “Lo Stadio della Roma è stato progettato per garantire agli appassionati un’esperienza unica nel giorno della partita. Le sezioni dello stadio e la vicinanza del campo alle tribune consentiranno di creare un’atmosfera intensa ed emozionante, unica nel suo genere… Lo Stadio della Roma rappresenterà con orgoglio la Città di Roma – una gloriosa miscela di passato, presente e futuro che potrà essere ritrovata nel design stesso dello Stadio e nei materiali utilizzati. L’architettura del nuovo stadio è un omaggio alla ricca storia di Roma, in grado di abbracciare, al tempo stesso, la moderna e innovativa estetica italiana di fama internazionale. Lo Stadio della Roma fungerà da cardine per un progetto di sviluppo più ampio, multiuso e a gestione privata. Trasformerà il modo dei romani di integrare sport e intrattenimento nelle loro vite quotidiane”.
A febbraio 2017, siamo ormai nell’epoca dei Cinque stelle, il Campidoglio consegna alla Regione il parere unico sul progetto di Tor di Valle. Ci sono ancora frizioni fra i gruppi di lavoro di Pallotta e della sindaca che, infine, trovano un accordo. Viene approvata la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e la Regione a novembre convoca la Conferenza dei Servizi, invitando tutte le componenti a dare in modo chiaro il proprio assenso o dissenso sull’opera. Il 5 dicembre arriva l’ok definitivo. Continua il braccio di ferro tra i proponenti e il Campidoglio a 5 stelle in cui entra in gioco anche l’avvocato Luca Lanzalone, e a fine febbraio viene raggiunto un accordo m5s-proponenti che si poggia su un drastico taglio delle cubature. Ne esce un progetto senza le torri ma anche con meno fondi privati per opere pubbliche. Il nuovo progetto viene portato nella conferenza dei servizi in Regione che si chiude ad agosto del 2017 con criticità e osservazioni delle istituzioni coinvolte. A settembre apre una nuova conferenza dei servizi che analizzerà nuovamente il piano integrato dai proponenti. Il 5 dicembre arriva l’ok definitivo con prescrizioni dalla conferenza dei servizi.
In realtà si tratta comunque della distruzione di un area verde potenzialmente rinaturalizzabile come gran parte dell’ansa del Tevere, della realizzazione di cubature enormi in una città che vede oltre 185mila appartamenti sfitti ed una quantità enorme di uffici vuoti, di un ulteriore grande centro commerciale che sarebbe ben il quarto in un asse di 10 chilometri. Le infrastrutture da realizzare sono esclusivamente a servizio dell’opera, visto che lì non ci abita nessuno, e i costi di manutenzione resterebbero comunque a carico del pubblico, compreso il funzionamento delle grandi idrovore che dovrebbero scongiurare il rischio di esondazione. Vengono millantati migliaia di posti di lavoro che ovviamente evaporeranno ben presto. In realtà l’impianto sportivo in sé non interessa a nessuno, nemmeno a Pallotta, grande elettore di Trump, che ha senz’altro più confidenza con Wall Street che con il pallone. L’urbanistica “contrattata” e il sistema delle “compensazioni” hanno provocato disastri clamorosi a Roma negli ultimi 25 anni e fallimenti sia di obiettivi, sia in termini di danni materiali per la finanze del Comune, persino quando le “compensazioni” avrebbero dovuto servire per realizzare impianti sportivi e verde (si pensi alla vera e propria truffa dei “Punti verdi Qualità). C’è un dettaglio che non dovrebbe tenere tranquillo neppure il più acritico dei tifosi (della Roma, perché i tifosi dell’opera in sé non li smonta nessuno): lo stadio (inteso nel senso dell’impianto sportivo) non sarà dell’As Roma ma della società di Parnasi-Pallotta che l’affitterà all’As Roma.
A giugno 2018 scatteranno le manette ai polsi di Parnasi, titolare della società Eurnova e cinque suoi collaboratori. L’obiettivo del gruppo, scrive il Gip nell’ordinanza di custodia cautelare, era «ottenere i favori del mondo Cinque Stelle» e di altre forze politiche. Ai domiciliari anche Luca Lanzalone, presidente di Acea (51% del Comune di Roma) e consulente della Giunta Raggi per il dossier dello stadio; il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, Adriano Palozzi di Forza Italia; e l’ex assessore regionale all’Urbanistica Michele Civita, del Partito democratico.
Il nodo resta quello dei flussi di traffico nell’area di Tor di Valle e le simulazioni fatte «in presenza di un evento sportivo» per il Politecnico restituiscono «un quadro catastrofico con punte di oltre 8.500 veicoli orari per singola direzione sul Gra». Parallelamente, come recita il documento, occorre una strategia per «disincentivare fortemente l’uso dell’auto privata poiché soprattutto in corrispondenza delle partite infrasettimanali emergerebbero situazioni d’estrema congestione». Una situazione che i tecnici dell’ente torinese consigliano «fortemente di evitare, consapevoli di due cose: che si tratta pur sempre di problemi di traffico» e che il romano «possa essere presumibilmente abituato a situazioni di traffico intenso, forse in media con un approccio molto più paziente d’un utente stradale di altre città». La relazione, nel paragrafo che si occupa delle simulazioni studiate, bolla anche come «troppo ottimistiche le previsioni effettuate». «Poco credibile» pensare che un 50% di utenti si possa spostare con il trasporto pubblico anche se Raggi assicura che si starebbe lavorando con la Regione per ammodernare la Ferrovia Roma-Lido e la Orte-Fiumicino. Non dovrebbe spuntate un secondo ponte nell’area, quello di Traiano, che invece secondo la Regione avrebbe dovuto affiancare quello dei Congressi. E Stefano Brinchi, presidente dell’agenzia per la mobilità di Roma, spiega che il Piano urbano della mobilità sostenibile (mai approvato dall’aula Giulio Cesare) «vede come unico scenario percorribile lo spostamento del trasporto dalla gomma al ferro».
«Questo parere non ha un valore giuridico ma mediatico politico. Non siamo sorpresi, e ci attendevamo un esito positivo», commenta il vicepresidente dell’As Roma, Mauro Baldissoni, a margine della conferenza stampa in Campidoglio ricordando il “catastrofico” progetto «con un’offerta intorno allo stadio per favorire una presenza nella zona più lunga, non solo legata ai 90 minuti della partita».
«Il progetto approvato dalla conferenza dei servizi è tuttora gravemente inadeguato e si intende portare in Assemblea capitolina un’opera completamente carente sotto il profilo della mobilità, che può stare in piedi solo grazie alla promessa di interventi a carico dei contribuenti ed inseriti in un piano, il Pums, che l’Amministrazione capitolina non ha mai approvato – commenta Cristina Grancio, esponente di demA e capogruppo del Misto – lo #stadiofattobene sta sconfinando nella farsa, una farsa pericolosa perché è evidente che a queste condizioni non è più ravvisabile l’interesse pubblico del progetto approvato. L’unica novità apprezzabile scaturita dalla conferenza stampa è che la maggioranza si deciderà finalmente a convocare l’Assemblea capitolina sul tema. All’ordine del giorno proporremo l’impegno a chiudere una vicenda nata male, compromessa dai troppo lati oscuri, e ad aprire una fase nuova nell’interesse della città». Grancio, eletta coi cinque stelle, fu emarginata proprio per le critiche al mega progetto. Di lei il capogruppo Paolo Ferrara (uno dei 27 indagati con Parnasi, ora autosospeso) dirà: «Cristina Grancio non ha mai dato nessun contributo: cambi poltrona, si sposti in una di quelle delle opposizioni in modo da liberarci da una macchia nera che deturpa la bellezza del nostro gruppo».
«Fa sorridere come i tecnici interpretino in modo assolutamente personale il significato del termine “catastrofico” usato dal Politecnico nella relazione preliminare sui flussi di traffico», ricorda anche il Codacons, che contro la realizzazione dell’opera ha presentato ricorso al Tar del Lazio.
Anche per Stefano Fassina, consigliere di Sinistra per Roma deputato LeU, «è davvero fuori luogo il trionfalismo della Sindaca e dei vertici del M5s. Inaccettabile dedicare centinaia di milioni di euro di preziose risorse pubbliche per la sostenibilità viaria e finanziaria di un’opera certamente non prioritaria, in una città martoriata da drammi sociali. Inoltre, rimangono tutte le criticità relative alla localizzazione e ai risvolti urbanistici». La As Roma, si aspetta di concludere tutta la procedura, inclusi i passaggi consiliari, nel giro di poche settimane. Parallelamente andrà avanti la trattativa fra il presidente della Roma, James Pallotta, e il nuovo management di Eurnova (non è escluso un vertice a Boston nelle prossime settimane) per l’acquisto delle quote del progetto e dei terreni di Tor di Valle. Pallotta, pronto a mettere sul piatto una cifra intorno ai 100 milioni di euro, dovrebbe procedere direttamente con la società “Stadio TdV”, creata apposta per occuparsi del dossier. Società peraltro che nell’assemblea dei soci riunita a Boston lo scorso 21 dicembre ha nominato fino al 2021 un nuovo organo amministrativo dopo la scadenza del mandato di David Ginsberg da amministratore unico. Nello specifico è stato nominato un Cda composto da Baldissoni, presidente, e Giorgio Francia, già responsabile amministrazione e finanza della Roma, e Gianluca Cambareri, membro anche del Cda giallorosso.
E il Pd, il partito delle grandi opere per antonomasia? Strizza l’occhio ai tifosi perché : «L’unica cosa che non si può fare è approfittate del cuore e della passione di migliaia di tifosi giallorossi e cittadini romani, magari per cercare di recuperare qualche voto alla vigilia delle europee dopo oltre due anni di amministrazione fallimentare della città», si legge in una nota del deputato Roberto Morassut.