No, niente primarie per oggi. Ne abbiamo di mesi davanti per parlare di quelli. Complimenti segretario. Ora, come nella celebre scena del film di Nanni Moretti, per favore dica una, almeno una, una soltanto, una cosa di sinistra.
Mi interessano di più quelli che chiamano i “walls of kindness”, ovvero “i muri della gentilezza” che secondo alcuni dati statistici si stanno moltiplicando a una velocità impressionante. Si tratta di muri qualsiasi, sui quali la gente lascia in dono i propri abiti che non usa più e altro materiale che può ritornare utili a chi ne ha bisogno. Una sorta di caffè sospeso che però tratta articoli diversi (cappotti, coperte, ombrelle, giubbotti.
Il primo muro della gentilezza non poteva che nascere in un Paese in cui vivere è un mestiere difficile: in Iran nel 2015 nella città di Mashad alcuni ragazzi hanno pensato di lasciare i propri indumenti non utilizzati per i più poveri e cenciosi. Che meraviglia.
Ma l’iniziativa è arrivata anche in Italia, grazie ai ragazzi del liceo Marymount e degli scout all’interno della sede dell’AMA di Roma. Poi ce n’è uno in Svezia, dove addirittura il muro è stato costruito apposta a forma di cubo e la Caritas a Monza e a Cerreto Sannita (Benevento).
Voi appendete quello che non serve e uno sconosciuto gira più caldo per la città, grato a uno sconosciuto. Una sorta di vitalità della bontà, un virus che farà parecchio incazzare i cattivisti di questo tempo. Tanto che l’iniziativa si è divulgata perfino in Medio Oriente e addirittura nella lontana Nuova Zelanda.
Grumi di umanità che invertono gli usci dei muri che ne vorrebbero fare i sovranisti. Ed è questo che è bellissimo: le cosiddette razze umane hanno sentito, a migliaia di chilometri di distanza, il bisogno di riprendere l’iniziativa. Ora basta trovare il capo del filo rosso che fa tutto il giro del mondo e il gioco è fatto. No?
Buon lunedì.