Per l’8 marzo, giornata internazionale delle donne, Non una di meno ha organizzato, per il terzo anno consecutivo, un grande sciopero delle donne, contro la violenza sulle donne, contro le disparità, ma anche contro il razzismo e contro la legge “immigrazione e sicurezza” di Salvini, perché - come scrivono le attiviste di Non una di meno - «c’è un legame tra le politiche contro le donne come il ddl Pillon su separazione e affido e le politiche repressive contro l’immigrazione come il decreto del ministro dell’Interno». Il governo giallonero sempre più si accanisce contro gli immigrati e contro le donne promettendo una nuova caccia alle streghe. I leghisti Salvini, Fontana, Pillon con la benedizione dei grillini complici di governo, scavalcato l’8 marzo, si apprestano a celebrare la Controriforma dello stato di famiglia e la negazione dei diritti delle donne convocando a Verona clericofascisti da tutti i Paesi più oscurantisti d’Europa, a cominciare da quelli del gruppo di Visegrad. Il senatore Pillon non contento di essere il primo firmatario di un ddl in discussione al Senato che - come abbiamo denunciato più volte - occulta i casi di violenza in famiglia e tratta il bambino come un oggetto - ora vorrebbe anche punire con il carcere la gestazione per altri. Così dopo aver annunciato di voler impedire alle donne di abortire dando loro soldi o con ogni mezzo, l’esimio senatore, già organizzatore del Family day, insieme al ministro Fontana che ha marciato su Roma («per la vita», dice lui) si appresta a scrivere un’altra pagina nera della storia patria contro le donne. Seguendo l’insegnamento di papa Francesco che anche di recente è tornato a scagliarsi contro l’interruzione di gravidanza, stigmatizzando le donne e i medici come assassini: «Abortire è come affittare un sicario per risolvere un problema», ha detto il capo di Santa romana Chiesa. In questa cronaca dell’orrore, non possiamo non accennare qui alla proposta di riaprire le case chiuse, idea fascista che di tanto in tanto le destre ripropongono e che i leghisti ora rilanciano. Ma noi non restiamo a guardare inerti. Anche su questo le associazioni delle donne promettono battaglia, mentre si allarga il fronte che chiede il ritiro immediato dell’inemendabile ddl Pillon. La petizione online lanciata, con questo preciso scopo, dal network D.i.Re, che riunisce circa 80 centri anti violenza, ha già ottenuto più di 150mila firme. Intanto il gruppo di esperte del Consiglio d’Europa, impegnate sul fronte della lotta contro la violenza sulle donne (Grevio), sarà in Italia dall’11 al 21 marzo per vigilare sull’attuazione della Convenzione di Istanbul. Alla sbarra c’è il ddl Pillon che, scrivono, «non solo non tiene conto della violenza contro le donne e i minori, ma ne ostacola l’emersione». Ma è soprattutto la piazza a protestare a gran voce, l’8 marzo e nei giorni seguenti in ogni parte d’Italia, chiedendo alla politica, alle istituzioni, ma anche alla magistratura di approntare strumenti contro la violenza sulle donne e di aggiornare la propria cultura e la propria mentalità. Non è accettabile nel 2019 che un giudice consideri la gelosia come un’attenuante. Michele Castaldo era stato condannato a 30 anni per aver strangolato nel 2016 a Riccione la compagna che lo voleva lasciare. La Corte d’appello di Bologna ora ha dimezzato la pena, per aver commesso il fatto in preda a una «soverchiante tempesta emotiva e passionale». Ricordiamo che il delitto d’onore, che prevedeva una attenuante per l’uomo tradito e sconvolto dal disonore, è stato abolito nel 1981. Quando nei processi e sui giornali si smetterà di dire che le emozioni fanno impazzire, quando cesserà l’uso del concetto di raptus e di delitto passionale che non hanno fondamento scientifico? Il lavoro culturale da fare in Italia è enorme. Anche per questo Left tiene alta la bandiera della ricerca e dell’approfondimento senza abbassare mai la guardia, cercando di dare strumenti di lettura, di fare informazione (e indirettamente prevenzione). Anche due settimane fa siamo tornati a parlare di uso improprio del termine raptus avvalendoci di esperti, gli psichiatri, di chi ha la formazione e il titolo per farlo. Per festeggiare l’8 marzo abbiamo allargato la proposta, aggiungendo al settimanale il libro Libere di essere e di pensare. Due occhi per vedere in profondità il visibile e l’invisibile della cultura dominante, per decostruire gli stereotipi, per raccontare l’universo femminile a 360 gradi, parlando di adolescenti, di scoperta della sessualità, di immagine e di identità femminile, di desiderio, di possibilità di trasformazione interna nel rapporto irrazionale con il diverso da sé. Torniamo a indagare le cause della negazione e del millenario annullamento che le donne hanno subito e subiscono. Ma soprattutto, ribellandoci a tempi così bui e regressivi come quelli che stiamo vivendo, torniamo a mettere al centro il tema della creatività femminile (che non è solo fare figli) raccontandone la forza rivoluzionaria. [su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola da venerdì 8 marzo

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Per l’8 marzo, giornata internazionale delle donne, Non una di meno ha organizzato, per il terzo anno consecutivo, un grande sciopero delle donne, contro la violenza sulle donne, contro le disparità, ma anche contro il razzismo e contro la legge “immigrazione e sicurezza” di Salvini, perché – come scrivono le attiviste di Non una di meno – «c’è un legame tra le politiche contro le donne come il ddl Pillon su separazione e affido e le politiche repressive contro l’immigrazione come il decreto del ministro dell’Interno».
Il governo giallonero sempre più si accanisce contro gli immigrati e contro le donne promettendo una nuova caccia alle streghe.
I leghisti Salvini, Fontana, Pillon con la benedizione dei grillini complici di governo, scavalcato l’8 marzo, si apprestano a celebrare la Controriforma dello stato di famiglia e la negazione dei diritti delle donne convocando a Verona clericofascisti da tutti i Paesi più oscurantisti d’Europa, a cominciare da quelli del gruppo di Visegrad.
Il senatore Pillon non contento di essere il primo firmatario di un ddl in discussione al Senato che – come abbiamo denunciato più volte – occulta i casi di violenza in famiglia e tratta il bambino come un oggetto – ora vorrebbe anche punire con il carcere la gestazione per altri. Così dopo aver annunciato di voler impedire alle donne di abortire dando loro soldi o con ogni mezzo, l’esimio senatore, già organizzatore del Family day, insieme al ministro Fontana che ha marciato su Roma («per la vita», dice lui) si appresta a scrivere un’altra pagina nera della storia patria contro le donne. Seguendo l’insegnamento di papa Francesco che anche di recente è tornato a scagliarsi contro l’interruzione di gravidanza, stigmatizzando le donne e i medici come assassini: «Abortire è come affittare un sicario per risolvere un problema», ha detto il capo di Santa romana Chiesa.
In questa cronaca dell’orrore, non possiamo non accennare qui alla proposta di riaprire le case chiuse, idea fascista che di tanto in tanto le destre ripropongono e che i leghisti ora rilanciano. Ma noi non restiamo a guardare inerti. Anche su questo le associazioni delle donne promettono battaglia, mentre si allarga il fronte che chiede il ritiro immediato dell’inemendabile ddl Pillon.
La petizione online lanciata, con questo preciso scopo, dal network D.i.Re, che riunisce circa 80 centri anti violenza, ha già ottenuto più di 150mila firme. Intanto il gruppo di esperte del Consiglio d’Europa, impegnate sul fronte della lotta contro la violenza sulle donne (Grevio), sarà in Italia dall’11 al 21 marzo per vigilare sull’attuazione della Convenzione di Istanbul. Alla sbarra c’è il ddl Pillon che, scrivono, «non solo non tiene conto della violenza contro le donne e i minori, ma ne ostacola l’emersione». Ma è soprattutto la piazza a protestare a gran voce, l’8 marzo e nei giorni seguenti in ogni parte d’Italia, chiedendo alla politica, alle istituzioni, ma anche alla magistratura di approntare strumenti contro la violenza sulle donne e di aggiornare la propria cultura e la propria mentalità. Non è accettabile nel 2019 che un giudice consideri la gelosia come un’attenuante. Michele Castaldo era stato condannato a 30 anni per aver strangolato nel 2016 a Riccione la compagna che lo voleva lasciare. La Corte d’appello di Bologna ora ha dimezzato la pena, per aver commesso il fatto in preda a una «soverchiante tempesta emotiva e passionale». Ricordiamo che il delitto d’onore, che prevedeva una attenuante per l’uomo tradito e sconvolto dal disonore, è stato abolito nel 1981.

Quando nei processi e sui giornali si smetterà di dire che le emozioni fanno impazzire, quando cesserà l’uso del concetto di raptus e di delitto passionale che non hanno fondamento scientifico? Il lavoro culturale da fare in Italia è enorme. Anche per questo Left tiene alta la bandiera della ricerca e dell’approfondimento senza abbassare mai la guardia, cercando di dare strumenti di lettura, di fare informazione (e indirettamente prevenzione). Anche due settimane fa siamo tornati a parlare di uso improprio del termine raptus avvalendoci di esperti, gli psichiatri, di chi ha la formazione e il titolo per farlo. Per festeggiare l’8 marzo abbiamo allargato la proposta, aggiungendo al settimanale il libro Libere di essere e di pensare. Due occhi per vedere in profondità il visibile e l’invisibile della cultura dominante, per decostruire gli stereotipi, per raccontare l’universo femminile a 360 gradi, parlando di adolescenti, di scoperta della sessualità, di immagine e di identità femminile, di desiderio, di possibilità di trasformazione interna nel rapporto irrazionale con il diverso da sé.

Torniamo a indagare le cause della negazione e del millenario annullamento che le donne hanno subito e subiscono. Ma soprattutto, ribellandoci a tempi così bui e regressivi come quelli che stiamo vivendo, torniamo a mettere al centro il tema della creatività femminile (che non è solo fare figli) raccontandone la forza rivoluzionaria.

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola da venerdì 8 marzo


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