I sindacati di base e decine di associazioni e comitati protestano per l'ipotesi di "scuole regionali". Mancano all'appello Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals che hanno firmato un'intesa con il governo

La regionalizzazione non è mai scomparsa dall’agenda del governo. La stessa ministra degli Affari regionali Erika Stefani ha affermato che l’autonomia differenziata sarà portata al prossimo Consiglio dei ministri previsto il 20 maggio. È vero che di grane da risolvere Lega e M5s ne hanno in grande quantità, ma questo è un tema che sta troppo a cuore ai leghisti duri e puri del Lombardo Veneto. Del resto, l’autonomia differenziata faceva parte del “contratto di governo” ed è stata inserita nel Dpef. Da febbraio, quando la bozza d’intesa tra governo e Regioni è arrivata in Consiglio dei ministri, si è registrata una maggiore opposizione da parte dei Cinque stelle preoccupati dall’ondata di indignazione e proteste provenienti dal Sud, ma da qui a ritenere che l’affaire regionalizzazione sia superato ce ne corre, eccome.

Per questo motivo lo sciopero generale del 17 maggio della scuola avrebbe potuto dare un segnale forte, preciso. L’istruzione, bene comune per eccellenza, sancito dalla Costituzione, non può essere appannaggio del governatore di turno di una regione. Così come devono essere tutelati i diritti degli studenti e del personale docente senza scuole ad hoc o reclutamento regionale che vanifica il contratto nazionale. E invece, come si sa, i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals il 24 aprile hanno siglato un accordo con il presidente del Consiglio Conte dopo una riunione notturna a cui era presente anche il ministro dell’Istruzione Bussetti. E hanno sospeso lo sciopero. Nel testo sottoscritto si prevede oltre ad un’intesa sul rinnovo del contratto di lavoro e la stabilizzazione dei precari, al punto 4 “La scuola del Paese”. Davvero – si sono chiesti in tanti, associazioni, sindacati di base, comitati di insegnanti – si può sospendere lo sciopero del 17 maggio per quelle poche righe in cui il governo si impegna a «salvaguardare l’unità e l’identità culturale del sistema nazionale di istruzione e ricerca, garantendo un sistema di reclutamento uniforme, lo status giuridico di tutto il personale regolato dal Ccln»? Nel testo, le parole autonomia differenziata non vengono mai nominate. La Flc Cgil il 15 maggio in un comunicato replica alle critiche che sono giunte in queste settimane sostenendo che «nessuna ulteriore autonomia è possibile a favore delle Regioni a statuto ordinario in tema di scuola e di tutto il comparto “Istruzione e Ricerca”» e che di autonomia differenziata non si parla affatto nell’intesa con il governo. È notizia di oggi, secondo quanto riporta Repubblica, che il premier Conte avrebbe promesso di stralciare l’istruzione dal patto governo-Regioni sulla regionalizzazione.

Al di là dello sciopero “sospeso”, e degli annunci di governo, c’è invece chi  continua ad andare avanti nella battaglia contro la regionalizzazione. Intanto, pochi giorni dopo quell’accordo del 24 aprile, 17 associazioni e comitati della scuola avevano rivolto un appello alle sigle sindacali reduci dall’intesa con il governo. Le sigle, tra cui L’associazione nazionale per la scuola della repubblica, la Lipscuola, gli Autoconvocati della scuola, il Coordinamento per la democrazia costituzionale, Scuola e costituzione Bologna, il Gruppo No Invalsi, tra gli altri, chiedevano di «riprendere la discussione con tutto il tavolo unitario», cioè tutti quei soggetti che avevano firmato il 15 febbraio l’ appello unitario “Contro la regionalizzazione della scuola”. Un evento storico, ricordiamo, decine e decine di firme sotto l’hashtag #restiamouniti, compresi i sindacati Cobas e Unicobas, tutti contro l’ipotesi di smantellamento del sistema di istruzione nazionale, un vero attacco ai principi sanciti dalla Costituzione.

E adesso? Lo sciopero il 17 maggio ci sarà. Cobas, CUB, Unicobas, Anief e SGB manterranno la linea originaria, con Unicobas che dà appuntamento a tutti davanti a Montecitorio dalle 9 alle 14.
Ma anche altri soggetti del mondo della scuola faranno sciopero. Sono: Associazione Nazionale per la Scuola della Repubblica, No Invalsi, Lipscuola, Appello per la Scuola Pubblica, Assur, Autoconvocati della Scuola. Le associazioni «restano convinte – si legge in un comunicato – che la posta in gioco sia troppo alta e che occorra da subito dare un forte segnale di mobilitazione». Anche l’area di opposizione congressuale nella Cgil, Il sindacato è un’altra cosa, aveva sostenuto il primo appello delle 17 associazioni.

Convegni e incontri sui rischi dell’autonomia differenziata si tengono un po’ ovunque in Italia mentre un nuovo allarme giunge dall’università. Come scrive Roars una specie di autonomia differenziata per decreto ministeriale starebbe per piombare sugli atenei, i più virtuosi dei quali riceverebbero  maggiori benefici quanto a risorse e organizzazione. «Se si considera – scrive Roberta Calvano su Roars – poi che tra i criteri preannunciati compare il tasso di occupazione a 12 mesi dalla laurea, è agevole prevedere che soprattutto gli atenei del Nord potranno tornare ad avere accesso all’autonomia e mentre al Sud dovranno continuare a barcamenarsi tra burocrazia asfissiante e carenza di risorse ». Ecco, in uno scenario così a tinte fosche per il sistema scolastico italiano, il significato di uno sciopero generale, oltre che ribadire il no a una scuola frantumata e incostituzionale, sarebbe stato anche quello di far riflettere sullo stato di salute della formazione in Italia. Con un segnale preciso nei confronti di un governo che attacca in maniera evidente il valore dello studio. Che invece è fondamentale per la nostra democrazia.