Come molte voci avevano annunciato, il genero di Trump, Jared Kouchner, e il suo team hanno deciso di continuare a tenere la conferenza di Manama, nonostante il successo poco brillante e il conseguente fallimento della due giorni durante la quale gli Usa hanno illustrato il “piano di pace” israelo-palestinese. Questo esito è dovuto non solo al rifiuto palestinese di partecipare al workshop reclamando che la Palestina non è in vendita e che non c’è un matrimonio senza presenza dello sposo, ma anche perché quello che l’amministrazione Usa sta cercando di fare sotto il nome di “accordo del secolo di Trump” e il suo aspetto economico, è stato definito in maniera molto estrema a sostegno di estremisti israeliani e non a sostegno della “Prosperità” per la pace, dato che il tentativo di raggiungere la “prosperità” sotto occupazione è impossibile.
La parte politica dell’accordo o progetto di Trump è abbastanza chiara dopo tutte le politiche e le misure adottate dal governo degli Stati Uniti in favore del governo israeliano.
La continuazione dell’occupazione cerca di liquidare la causa palestinese in cambio del presunto miglioramento della vita dei palestinesi stessi, e cerca d’integrare Israele nella regione araba per raggiungere il progetto di un nuovo Medio Oriente.
Cosi il progetto viene rimandato di volta in volta data l’impossibilità di commercializzarlo, potrebbe essere posticipato dopo le elezioni presidenziali americane del prossimo anno e forse potrebbe non essere mai più proposto.
Se proponiamo l’accordo del secolo, questo prenderà vita secondo la nuova data cioè dopo la formazione del nuovo governo israeliano, entro novembre di questo anno, facendo dell’inevitabile rifiuto palestinese una scusa per giustificare la decisione di Israele di una nuova espansione e di un nuovo esproprio con misure aggressive, come l’annessione di gran parte della Cisgiordania, perché “Questo è il diritto di Israele”, secondo quanto ha affermato David Friedman, ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, concordando spiritualmente con le dichiarazioni di Jason Greenblatt, un altro membro della squadra statunitense.
Uno degli indicatori di fallimento è che la maggior parte dei paesi arabi che hanno partecipato e che parteciperanno alla conferenza, lo hanno fatto perché costretti. La prova di ciò è il fatto che Kouchner ha impropriamente annunciato la loro partecipazione, non prendendo in considerazione le loro volontà. Di conseguenza diversi Paesi hanno deciso di non partecipare o addirittura qualcuno ha rifiutato o di partecipare con una bassa rappresentanza o chiedendo la non partecipazione formale di Israele.
Questo fa perdere al governo israeliano e al suo futuro presidente Benjamin Netanyahu un’occasione d’oro che gli sarebbe potuta essere utile per le prossime elezioni israeliane e per una collaborazione con gli arabi in una capitale araba che discuta la questione, nonostante l’opposizione, la rabbia e il boicottaggio del popolo palestinese, le e sue forze e la sua leadership.
Inoltre, un funzionario americano ha dichiarato che alcuni arabi, che mirano a finanziare l’accordo, hanno condizionato la necessità prima di conoscere la parte politica del progetto per assicurarsi che sia in grado di lanciare un processo politico che ha una buona possibilità di successo, così come affermano le parole di un uomo d’affari israeliano invitato a partecipare alla conferenza: anche l’amministrazione degli Stati Uniti si è resa conto che non ci sono muri che non possano essere
superati nei rapporti tra arabi e Israele,perché aveva sperato la partecipazione di un gran numero di ministri delle finanze arabi ed altri, per finire con le presenza di uno staff giovane poco rappresentativo,che ha comportato una mancanza di rispetto al governo degli Stati Uniti. Non possiamo nascondere caparbietà e determinazione per tenere la conferenza a tutti costi da parte di Kouchner il suo staff .
Lo scandalo e l’umiliazione è che l’amministrazione statunitense ha pubblicato il piano economico di 100 pagine sul suo sito web da cui emerge che Kouchner e il suo team sono carenti non solo in quanto a esperienza politica, ma anche di competenze in economia. Il piano prevede un’applicazione nell’arco di dieci anni, ed è finalizzato alla raccolta di 50,670 miliardi, ma non è garantita la loro raccolta e saranno distribuiti nel seguente modo: la Cisgiordania e la Striscia di Gaza di 27,813 miliardi; Egitto 9,167 miliardi; Jordan 7.365 miliardi; il Libano 6,325 miliardi. Per quanto riguarda il finanziamento del piano sarebbero 13,80 miliardi accordati; 25,685 miliardi di prestiti con interesse, ma ha trovato che sarebbe pesante per i palestinesi rispettare il debito per molti anni a venire; 11,6 miliardi nel settore privato, anche se non può supportarli, ma può investire se trova un ambiente adatto e la possibilità di fare profitto. Il piano afferma inoltre che raddoppierà il prodotto interno lordo palestinese, fornirà 1 milione di posti di lavoro, ridurrà la disoccupazione a meno del 10% e ridurrà la povertà del 50%.
Il piano non ha mai fatto riferimento all’occupazione o colonizzazione coloniale e ai progetti israeliani che minacciano il successo di qualsiasi piano di “prosperità”. Esso sarà finanziato in una zona soggetta alle aggressioni, come è avvenuto in Cisgiordania dopo il 2000, e nella Striscia di Gaza negli anni 2008, 2012 e 2014 fino ad ora, che le forze di occupazione hanno distrutto. Ma il progetto, nei paesi arabi, si propone o mira a gettare la striscia di Gaza nel grembo d’Egitto, spingendo l’Egitto e la Giordania ad approvare il reinsediamento dei profughi palestinesi e a farli restare nei paesi arabi dove vivono da più di 74 anni e la creazione di strade e ferrovie, progetti incorporati a Israele e mondo arabo, che rispondono alle loro esigenze.
Il piano non parla dell’Autorità nazionale palestinese, che conferma l’intenzione di superarlo e sostituirlo, se non soggetta. Non é detto chi fornirà sovvenzioni o prestiti, ma non è chiaro chi degli stati arabi produttori di petrolio, in particolare l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti lo farà. Il Kuwait ha dichiarato la sua opposizione al piano economico, e la Cina e la Russia si oppongono all’”affare Trump”, mentre l’Europa e il Giappone mantengo la loro opposizione, pertanto non c’è stimolo a nessuna parte per finanziare questo progetto vista la perpetuazione dell’occupazione, in aggiunta ai fondi che saranno spesi e ai progetti che si svolgeranno, che saranno soggetti alla distruzione in virtù del piano di cospirazione, il quale non porterà a sicurezza, stabilità, pace e prosperità, ma aggiungerà nuove ragioni più forti per lo scoppio di ondate di resistenza e rivolta.
Il popolo palestinese che resiste da più di un centinaio di anni non può vendere Gerusalemme, luoghi sacri, il diritto dei rifugiati, il diritto all’autodeterminazione e il raggiungimento dell’indipendenza nazionale. Come può un’offerta del genere essere accettata visto che i palestinesi non accettano uno scambio di tipo economico, dato che anche in passato nessuna promessa è stata mantenuta?
“L’accordo di Trump ha generato una fregatura.” Il risultato di Manama, anche se è stato ottenuto qualcosa, non è affatto attraente, ma è un tentativo di implementare Oslo 2 come un nuovo pretesto che dà legittimità all’occupazione senza un processo politico. I Paesi donatori hanno finanziato l’Autorità palestinese sin dal suo inizio con oltre 35 miliardi do dollari. La storia si è conclusa con il finanziamento dell’occupazione, rendendola un’occupazione a costo zero e la morte del processo politico.
Se il piano economico ha bisogno dell’approvazione e applicazione dei palestinesi che si oppongono ad esso, mette il governo degli Stati Uniti davanti a due scelte: o di riconoscere il fallimento e il ritiro del “progetto” di scambio politico ed economico, e scaricare i palestinesi responsabili del fallimento o tornare alla tradizionale politica americana di sostenere Israele, e spostarli, cercando di superare gli ostacoli incontrati, il che significa il continuo e l’escalation della guerra di tutti i tipi sui palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, per domare le autorità, o rovesciare, e cercare di sostituire le autorità, nel rispetto delle esigenze del “progetto”.
Se la pace economica potesse avere successo, le soluzioni economiche che nel corso dei decenni hanno già cercato di applicare Moshe Dayan e Yitzhak Rabin negli anni Settanta, Shimon Peres negli anni Ottanta e Novanta, John Kerry nel 2014 e Netanyahu che sta provando di attuare da più di dieci anni, avrebbero già funzionato. Nel conflitto politico e nazionale, dei diritti delle aspirazioni nazionali palestinesi nella loro ricerca di libertà, di ritorno, d’indipendenza, di giustizia ed uguaglianza, non si può accettare nessuna somma di denaro.
La lunga esperienza ha dimostrato che a nulla sono servite le promesse di migliorare la qualità della vita e della prosperità che hanno accompagnato il cosiddetto “processo di pace”, nonostante la visita dell’ex presidente egiziano Anwar Sadat a Gerusalemme (Camp David), la firma del trattato tra Egitto e Israele, quindi la firma degli accordi di Oslo e il Trattato di Wadi Araba, i paesi arabi che hanno partecipato sono in una posizione peggiore di quanto non fossero prima, e questo è comprensibile perché la raccomandazione presentata da un certo numero di centri di ricerca israeliani a decision-maker in Israele, ha sottolineato la necessità di mantenere gli arabi, anche i “moderati” e quelli che hanno firmato trattati di pace con Israele, deboli e frammentati. Quindi poiché deboli e divisi sono rimasti sottomessi agli accordi, se fossero diventati forti avrebbero tolto il riconoscimento di Israele.
È possibile che questo non significhi che lo staff di Trump non abbia ottenuto nulla, cerca appunto di migliorare i rapporti arabo-israeliani, senza giungere ad una soluzione della questione palestinese. Ha riconosciuto i fatti accertati dall’occupazione terrestre, e sta cercando di dedicare nuova dimensione alla potenza occupante, soprattutto per quanto riguarda la liquidazione della questione dei profughi, la legittimazione dell’insediamento, l’adozione della narrazione sionista e tagliare la strada all’indipendenza nazionale palestinese. Questi fatti non cambieranno la realtà del diritto palestinese, né il disegno del popolo palestinese per mantenere vivo la sua causa e la lotta per la vittoria. Non si può trasformare la realtà politica riconosciuta e sostenibile senza concedere la legittimità ai palestinesi e l’accettazione pubblica dei paesi arabi.
L’accordo fallirà nella liquidazione della loro causa, ma è riuscito a perpetuare i fatti di occupazione, e rende la lotta palestinese più difficile, questo implica una risposta palestinese in aggiunta al “No” che altrimenti resta un no insostanziale. Un’alternativa completa politica, popolare, propagandistica, di diritto internazionale, nei media, a livello economico e di resistenza è necessaria per essere in grado di contrastare i disegni ostili, e progredire sul metodo per raggiungere obiettivi e diritti palestinesi. L’accordo non passerà senza una copertura palestinese e prima o poi crollerà. Sì, lo staff di Trump è più vicino al fallimento però dal loro punto di vista la causa respira ancora attraverso conferenze palestinesi che altri Paesi arabi hanno boicottato, rappresentando, in più, un piccolo passo verso la normalizzazione dei rapporti arabo-israeliani, cose che saranno giudicate dalla misura del fallimento dopo che sarà diventato chiaro quale sia il risultato. Ma il contenuto della lettera si intuisce dall’indirizzo.