Lo sguardo serio di Alessandra Sciurba e di Carola Rackete, la loro forza, il loro coraggio, la fermezza del capitano della nave Eleonore, Klaus Peter Reisch, le gambe tremanti dei profughi scesi a terra dopo giorni in balia delle onde, delle politiche criminali del governo giallonero e dell’indifferenza glaciale di Bruxelles, le coperte termiche luccicanti, la concentrazione dei volontari impegnati nelle operazioni di salvataggio e cura dei naufraghi, le manifestazioni per l’accoglienza nei porti d’approdo e nei centri di tante città, le lenzuola alle finestre e sui balconi di tutta Italia, la voce pacata e la dignità di Domenico Lucano. Fotogrammi di incessante resistenza durante i 14 mesi di incivile disumanità, di illegalità istituzionalizzata, di violazione della Costituzione, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dei trattati internazionali sul diritto d’asilo, delle leggi sul soccorso in mare.

Pretendiamo che tutto questo non accada più. E che con un nuovo governo vengano abrogati per ignominia i due decreti sicurezza di Salvini, per iniziare. Già perché, per evitare che accada di nuovo, devono fare la stessa fine tutte le precedenti sciagurate norme sull’immigrazione, a partire dal codice anti-Ong di Minniti, passando per la legge Minniti-Orlando (che solo per dirne una ha eliminato un grado di giudizio per i richiedenti asilo), per i decreti Maroni e così via, fino alla legge Bossi-Fini del 2002, la madre delle norme di inciviltà. Non vogliamo con questo dimenticare che la Turco-Napolitano del 1998 “introdusse” i lager per immigrati, i Centri di permanenza temporanea, dando per prima risposte controproducenti a una questione complessa. Ma è indubbio che attraverso la legge simbolo della destra che da un ventennio opprime l’Italia siano state gettate le basi dell’odio, della paura e della lacerazione sociale che Salvini ha cavalcato dal ponte di comando del ministero dell’Interno (si fa per dire, poiché in 14 mesi è stato più volte in spiaggia che al Viminale) allo scopo di raccogliere consenso e prendere il potere in solitudine. Anzi, per meglio dire, «pieni poteri».

È bene ricordare che introducendo il reato di “clandestinità”, la scellerata Bossi-Fini oltre ad aver favorito il proliferare di trafficanti di esseri umani, da un lato ha creato a tavolino un esercito di lavoratori senza permesso di soggiorno quindi ricattabili e a bassissimo costo, facendo fare in questo modo affari d’oro non solo alle organizzazioni criminali che per esempio controllano la filiera agroalimentare del centro-sud ma anche a tanti “onesti” imprenditori del nord. Dall’altro, la Bossi-Fini ha istituzionalizzato e “socializzato” il razzismo insinuando nell’opinione pubblica una falsa percezione dello straniero, della sua identità, dei suoi bisogni, delle sue esigenze, tramite l’equazione xenofoba “immigrato=delinquente”. E questo in parte aiuta a capire come sia stato possibile che gli ultimi due governi abbiano potuto fare in tutta tranquillità accordi con i libici rendendo di fatto gli italiani complici di deportazioni e torture su donne, bambini e uomini nei lager del grande Paese nordafricano. In tutto questo un ruolo determinante, in negativo, è stato giocato dall’Europa e dal tristemente noto Regolamento “Dublino”.

Come scrive Galieni in questo numero, dopo anni di discussione, l’Ue non è stata capace di riformare questo sistema che impedisce l’equa ripartizione delle responsabilità nell’accoglienza dei profughi. E per come è stato concepito non solo non garantisce pari tutele per tutti i migranti che entrano in territorio europeo ma scarica soprattutto sui Paesi di frontiera l’onere della gestione della prima accoglienza. Così è stato un gioco da ragazzi per dei sadici cercatori di potere spacciare per vera un’inesistente invasione e creare il nemico da respingere, per poi apparire come salvatori della “Patria” emanando leggi e firmando ordini che chiudono i porti a bambini e donne incinte in fuga dai loro aguzzini. Forti con i deboli. E deboli con i forti, se pensiamo che nei suoi 14 mesi al Viminale, Salvini, che da Roma denunciava Bruxelles di lasciare sola l’Italia ad affrontare “l’invasione”, non ha mai partecipato a un incontro per la riforma del Regolamento “Dublino”.

C’è poi la questione sociale. In Italia, oltre a Riace, ci sono numerosi esempi di realtà locali rivitalizzate dagli immigrati e da politiche di accoglienza basate sull’idea di uguaglianza degli esseri umani. Ma, come ha denunciato su queste pagine il sociologo Stefano Allievi, c’è un problema tutto culturale che - anche a sinistra - porta a credere che le risorse siano come una torta e che se arriva qualcun altro se ne prende una fetta. «In realtà - dice Allievi - la torta lievita continuamente. È il numero di “nuove” persone che la fa lievitare». Quando nel 2015 in Germania sono entrati oltre un milione di stranieri tutti insieme, ai sindaci delle cittadine che li avrebbero accolti è stato fatto un discorso molto semplice: da te vengono mille persone, questo vuol dire 400 appartamenti in più da costruire, mille clienti in più per i negozi, 300 bambini in più a scuola. Cioè nuove classi da costruire e nuovi insegnanti da assumere.

Ecco, dice Allievi, è questo che in Italia ancora non abbiamo capito: «I Paesi che hanno meno popolazione attiva finiscono in recessione. Chi vuole aprire un’azienda, se non c’è manodopera la apre altrove. E la manodopera in Italia cala di 300mila persone l’anno, in Europa di 3mln. Significa che, dal 2015 al 2050, 100mln di persone che erano popolazione attiva diventeranno pensionati senza essere sostituiti da popolazione attiva. Perché non vogliamo immigrati». E i giovani se ne vanno all’estero, i disoccupati e i lavoratori senza tutele aumentano, i pensionati si rassegnano a una vita da fame.

«L’unico confine che conosco è quello tra umanità e disumanità», ci ha detto di recente Domenico Lucano in un’intervista. Si parta da questa idea, da questa mentalità, da questa cultura per dare all’Italia un futuro nuovo, diverso da quello auspicato da populisti e neoliberisti fondato sull’oppressione, la repressione e lo sfruttamento. Si parta dai principi fondamentali della Costituzione.

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L'editoriale di Federico Tulli è tratto da Left in edicola dal 6 settembre 2019

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Lo sguardo serio di Alessandra Sciurba e di Carola Rackete, la loro forza, il loro coraggio, la fermezza del capitano della nave Eleonore, Klaus Peter Reisch, le gambe tremanti dei profughi scesi a terra dopo giorni in balia delle onde, delle politiche criminali del governo giallonero e dell’indifferenza glaciale di Bruxelles, le coperte termiche luccicanti, la concentrazione dei volontari impegnati nelle operazioni di salvataggio e cura dei naufraghi, le manifestazioni per l’accoglienza nei porti d’approdo e nei centri di tante città, le lenzuola alle finestre e sui balconi di tutta Italia, la voce pacata e la dignità di Domenico Lucano. Fotogrammi di incessante resistenza durante i 14 mesi di incivile disumanità, di illegalità istituzionalizzata, di violazione della Costituzione, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dei trattati internazionali sul diritto d’asilo, delle leggi sul soccorso in mare.

Pretendiamo che tutto questo non accada più. E che con un nuovo governo vengano abrogati per ignominia i due decreti sicurezza di Salvini, per iniziare. Già perché, per evitare che accada di nuovo, devono fare la stessa fine tutte le precedenti sciagurate norme sull’immigrazione, a partire dal codice anti-Ong di Minniti, passando per la legge Minniti-Orlando (che solo per dirne una ha eliminato un grado di giudizio per i richiedenti asilo), per i decreti Maroni e così via, fino alla legge Bossi-Fini del 2002, la madre delle norme di inciviltà. Non vogliamo con questo dimenticare che la Turco-Napolitano del 1998 “introdusse” i lager per immigrati, i Centri di permanenza temporanea, dando per prima risposte controproducenti a una questione complessa. Ma è indubbio che attraverso la legge simbolo della destra che da un ventennio opprime l’Italia siano state gettate le basi dell’odio, della paura e della lacerazione sociale che Salvini ha cavalcato dal ponte di comando del ministero dell’Interno (si fa per dire, poiché in 14 mesi è stato più volte in spiaggia che al Viminale) allo scopo di raccogliere consenso e prendere il potere in solitudine. Anzi, per meglio dire, «pieni poteri».

È bene ricordare che introducendo il reato di “clandestinità”, la scellerata Bossi-Fini oltre ad aver favorito il proliferare di trafficanti di esseri umani, da un lato ha creato a tavolino un esercito di lavoratori senza permesso di soggiorno quindi ricattabili e a bassissimo costo, facendo fare in questo modo affari d’oro non solo alle organizzazioni criminali che per esempio controllano la filiera agroalimentare del centro-sud ma anche a tanti “onesti” imprenditori del nord. Dall’altro, la Bossi-Fini ha istituzionalizzato e “socializzato” il razzismo insinuando nell’opinione pubblica una falsa percezione dello straniero, della sua identità, dei suoi bisogni, delle sue esigenze, tramite l’equazione xenofoba “immigrato=delinquente”. E questo in parte aiuta a capire come sia stato possibile che gli ultimi due governi abbiano potuto fare in tutta tranquillità accordi con i libici rendendo di fatto gli italiani complici di deportazioni e torture su donne, bambini e uomini nei lager del grande Paese nordafricano. In tutto questo un ruolo determinante, in negativo, è stato giocato dall’Europa e dal tristemente noto Regolamento “Dublino”.

Come scrive Galieni in questo numero, dopo anni di discussione, l’Ue non è stata capace di riformare questo sistema che impedisce l’equa ripartizione delle responsabilità nell’accoglienza dei profughi. E per come è stato concepito non solo non garantisce pari tutele per tutti i migranti che entrano in territorio europeo ma scarica soprattutto sui Paesi di frontiera l’onere della gestione della prima accoglienza. Così è stato un gioco da ragazzi per dei sadici cercatori di potere spacciare per vera un’inesistente invasione e creare il nemico da respingere, per poi apparire come salvatori della “Patria” emanando leggi e firmando ordini che chiudono i porti a bambini e donne incinte in fuga dai loro aguzzini. Forti con i deboli. E deboli con i forti, se pensiamo che nei suoi 14 mesi al Viminale, Salvini, che da Roma denunciava Bruxelles di lasciare sola l’Italia ad affrontare “l’invasione”, non ha mai partecipato a un incontro per la riforma del Regolamento “Dublino”.

C’è poi la questione sociale. In Italia, oltre a Riace, ci sono numerosi esempi di realtà locali rivitalizzate dagli immigrati e da politiche di accoglienza basate sull’idea di uguaglianza degli esseri umani. Ma, come ha denunciato su queste pagine il sociologo Stefano Allievi, c’è un problema tutto culturale che – anche a sinistra – porta a credere che le risorse siano come una torta e che se arriva qualcun altro se ne prende una fetta. «In realtà – dice Allievi – la torta lievita continuamente. È il numero di “nuove” persone che la fa lievitare». Quando nel 2015 in Germania sono entrati oltre un milione di stranieri tutti insieme, ai sindaci delle cittadine che li avrebbero accolti è stato fatto un discorso molto semplice: da te vengono mille persone, questo vuol dire 400 appartamenti in più da costruire, mille clienti in più per i negozi, 300 bambini in più a scuola. Cioè nuove classi da costruire e nuovi insegnanti da assumere.

Ecco, dice Allievi, è questo che in Italia ancora non abbiamo capito: «I Paesi che hanno meno popolazione attiva finiscono in recessione. Chi vuole aprire un’azienda, se non c’è manodopera la apre altrove. E la manodopera in Italia cala di 300mila persone l’anno, in Europa di 3mln. Significa che, dal 2015 al 2050, 100mln di persone che erano popolazione attiva diventeranno pensionati senza essere sostituiti da popolazione attiva. Perché non vogliamo immigrati». E i giovani se ne vanno all’estero, i disoccupati e i lavoratori senza tutele aumentano, i pensionati si rassegnano a una vita da fame.

«L’unico confine che conosco è quello tra umanità e disumanità», ci ha detto di recente Domenico Lucano in un’intervista. Si parta da questa idea, da questa mentalità, da questa cultura per dare all’Italia un futuro nuovo, diverso da quello auspicato da populisti e neoliberisti fondato sull’oppressione, la repressione e lo sfruttamento. Si parta dai principi fondamentali della Costituzione.

L’editoriale di Federico Tulli è tratto da Left in edicola dal 6 settembre 2019

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