Nel numero 47 del 22 novembre, Left ha intervistato una giovane donna medico, specializzanda in psichiatria, che ha affermato la necessità e l’importanza che il Sistema sanitario nazionale si occupi di salute mentale con una cura complessiva della persona nella ricerca e nella conquista di un benessere profondo di quest’ultima, la quale ha la possibilità di accedere nel servizio pubblico ad un percorso di psicoterapia, libera e gratuita.
Nello stesso giorno all’ospedale S. Eugenio di Roma, il Dipartimento di salute mentale della Asl Rm/2, ha organizzato un incontro di formazione per illustrare l’organizzazione dei servizi territoriali e di alcune iniziative dedicate alla salute mentale, con un’attenzione particolare all’intervento precoce di presa in carico degli adolescenti e dei giovani adulti.
Nel corso della mattinata sono state presentate due metodologie organizzative: una si riferisce alla presenza di servizi centralizzati per gli adolescenti che implica un invio ad altri servizi al raggiungimento dell’età adulta. L’altra privilegia la continuità dell’intervento e prevede, all’interno dei Csm, uno spazio dedicato al trattamento degli adolescenti integrato con altri servizi.
Nella realtà si osserva che sempre di più i giovani adulti si rivolgono spontaneamente al Ssn per chiedere aiuto, senza che ci sia un invio o un iter particolare. Ciò significa che culturalmente stanno cambiando l’immagine e la convinzione del diritto alla cura e al benessere (legato alla qualità della vita), basate su due semplici ma strutturanti idee: non c’è da vergognarsi di avere bisogno di aiuto ed è possibile ricevere, rispetto allo stare male, una risposta per un cambiamento che implica una trasformazione del proprio stato di sofferenza.
Su questa linea il responsabile, dottor Barba, la dottoressa Pompei e l’infermiera Mangano hanno portato ad esempio la realtà del Centro di salute mentale (Csm-9) del Laurentino 38 che risponde alla complicata realtà territoriale, caratterizzata da situazioni di svantaggio culturale e socio-economico, proponendo ai pazienti tra i 18 e 25 anni, ma spesso spingendosi anche fino ai 28 o 30 anni, una psicoterapia di gruppo condotta dalla psicologa psicoterapeuta Roberta Pompei, alla quale si aggiungono momenti di incontro propedeutici, quali i laboratori cineforum e di lettura, ed il sostegno psicologico alle famiglie dei pazienti (condotti in collaborazione con i tirocinanti specializzandi dott.ssa Negri e dott. Pietromarchi ), che costituiscono un momento di continuità con il trattamento effettuato nel Csm-9.
La terapia di gruppo all’interno del Csm si giustifica per la necessità di rispondere ad una vasta utenza giovanile, ma nasce per un orientamento teorico, quello della Teoria della nascita dello psichiatra Massimo Fagioli, che pensa la cura per la guarigione resa possibile in un setting gruppale, dall’utilizzo del transfert e dall’interpretazione delle dinamiche non coscienti e delle immagini dei sogni, quali strumenti terapeutici.
La forma mentis che fa capo alla prassi terapeutica ritiene fondamentale il rapporto terapeuta-paziente nella certezza di un’origine psichica sana dell’essere umano, la quale può essere perduta proprio nei rapporti interumani quando sono deludenti. Pertanto le possibilità di cura e di guarigione hanno maggiore probabilità di realizzarsi nella persona malata di mente, quanto più essa abbia ricevuto tempestivamente la cosiddetta “diagnosi precoce”, che il medico può fare per un giovane paziente, qualora egli presenti i primi segni di una malattia mentale incipiente che può essere curata per tempo con la psicoterapia.
Da ciò si comprende quanto la psicoterapia, soprattutto quella di gruppo, sia fondamentale per il giovane adulto: egli è nella posizione di poter trasformare il suo vissuto e i suoi rapporti con gli altri e il terapeuta è capace di vedere queste possibilità trasformative.
Storicamente sta maturando all’interno dei Servizi di salute mentale, la convinzione che occuparsi anche di prevenzione primaria (prima dell’evidenziarsi di sintomi e patologie importanti ), facilita l’intervento di prevenzione secondaria (cioè l’intervento di trattamento specifico dei disturbi e della patologia). Inoltre psichiatri e psicologi hanno ipotizzato l’organizzazione di strutture residenziali per adolescenti e giovani, in alternativa al ricovero in Spdc proprio per agire tempestivamente sulle condizione di salute mentale del giovane cittadino.
Durante l’incontro del Dsm della Asl Rm/2 coordinato dal dott. Campora, è stato pure chiesto se fosse più importante privilegiare l’aspetto dell’accoglienza o dell’appropriatezza all’interno dei servizi. Senza alcun dubbio la risposta della responsabile dott.ssa Lozza e del dott. Ciavoni ( Cs, 7 ) è stata: “entrambi gli aspetti” soprattutto con gli adolescenti perché, anche solo tralasciandone uno, si rischierebbe di trincerarsi dietro barriere formali e burocratiche.
A proposito è stato sottolineato dal prof. Paolo Fiori Nastro dell’ Università “La Sapienza”, quanto sia importante lavorare nelle situazioni ancora “sottosoglia” in continuità terapeutica con il Tsmree (tutela salute mentale e riabilitazione età evolutiva) nella presa in carico e trattamento di giovani pazienti che manifestano i sintomi prodromici. La prevenzione e l’individuazione precoce di sintomi psicotici evidenti ma ancora transitori o sottosoglia, sono prioritari, soprattutto se riferite ai giovani, perché, ha raccontato la ricercatrice dott.ssa Monducci, è stato misurato in varie ricerche che più lungo è il tempo di non presa in carico e di non trattamento, più è forte la comparsa delle patologie e la gravità delle stesse.
E’ emersa in questa fase dell’incontro, la necessità di affiancare all’organizzazione sanitaria un lavoro di prevenzione e informazione nella scuola primaria e secondaria su temi attuali come la parità di genere, la prevenzione sull’uso di droghe e sui comportamenti a rischio, su tematiche come il bullismo, i disturbi alimentari, la sessualità, che vuol dire rispetto e non violenza, portando come esempio esperienze associative di alta qualificazione come “La scuola che verrà” che opera nel quinto Municipio.
Nello scenario di un servizio pubblico siffatto che offre ai cittadini la possibilità di curarsi assume grande importanza la formazione dei futuri psicoterapeuti. I tirocini post laurea e di specializzazione sono l’opportunità di vivere l’esperienza sul campo e di mettere in gioco la validità umana del terapeuta. Gli ambulatori sono di fatto la “frontiera” della sanità pubblica per la promozione della salute mentale e non vi è posto migliore in cui operare per uno psicologo in formazione, qualora egli abbia un interesse profondo per la terapia e per la cura, due parole intimamente connesse, le quali, se legate a loro volta alla realtà del servizio pubblico, la costituiscono come cardine istituzionale per la prevenzione secondaria (e primaria quando è possibile) e per il benessere della collettività.
In conclusione, il servizio pubblico può e deve offrire rispetto alla psicoterapia privata una formazione e un lavoro di rete istituzionale di qualità per la cura e la prevenzione della malattia mentale affinché gli psicoterapeuti siano agenti trasformativi, sia sociali che culturali, attraverso la realizzazione di una psicoterapia accessibile anche alle classi socialmente svantaggiate. La salute è un bene comune.
Gabriella Terenzi è psicologa e psicoterapeuta