Mentre la Francia brucia, alimentata da una serie di scioperi e proteste che sembrano unificare categorie eterogenee di persone in un’unica lotta contro la riforma delle pensioni, in Italia tutto tace. O, per meglio dire, viene fatto tacere, sotto la pesante scure di riforme repressive dei diritti fondamentali di ogni cittadino, in nome della pubblica sicurezza e dell’interesse collettivo.
Tra gli esempi più rilevanti di come una certa ideologia del decoro e della pubblica sicurezza agisca nel limitare le nostre libertà costituzionali, c’è senza dubbio quello che riguarda il diritto di sciopero. Tale diritto è fissato e riconosciuto dall’art. 40 della nostra Carta fondamentale, disciplinato da specifiche norme di legge (la 300 del 1970 per quanto attiene allo sciopero nel settore privato, la 146 del 1990 per i servizi pubblici essenziali) e, nel tempo, regolamentato da una folta e specifica giurisprudenza da parte dei giudici di ogni grado, che in più riprese hanno rimarcato la centralità dello sciopero quale strumento di riequilibrio nella dicotomia tra lavoratore e datore di lavoro.
Ebbene, sembra che negli ultimi tempi il diritto a scioperare sia sotto attacco, soprattutto in virtù di norme e regolamentazioni (spesso rafforzate da interpretazioni degli organi istituzionali che in funzione di garanzia dovrebbero verificare il rispetto dei diritti fondamentali in caso di sciopero) che in alcun modo sono finalizzate a disciplinare il lavoro o le questioni sindacali.
Dopo la pioggia di critiche di una parte dell’opinione pubblica verso i due decreti Sicurezza a firma Salvini, iniziano ora a partire le prime denunce per il reato di blocco stradale, reintrodotto proprio dalla prima delle due norme. Reato che, lo ricordiamo, prevede una pena massima a dodici anni di reclusione – più o meno la pena media prevista per un omicidio preterintenzionale -, per i lavoratori che osano scioperare e manifestare magari bloccando la via di una città.
A Prato una ventina di lavoratori della tintoria Superlativa, per aver denunciato di lavorare in nero, con turni di 12 ore al giorno per sette giorni la settimana, senza ferie e malattia e di non ricevere lo stipendio da sette mesi, hanno ricevuto multe da 4mila euro a testa perché…
Riccardo Bucci, avvocato, fa parte dell’associazione Alterego – Fabbrica dei diritti
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