In queste ore, mentre sto scrivendo, molti dei Paesi europei si sono decisi a chiudere tutte le attività non essenziali e a restringere la libertà di movimento e di assembramento dei cittadini. La Francia e la Spagna stanno attuando il cosiddetto lockdown. Si tratta nella sostanza di ridurre al minimo possibile i contatti tra la gente per impedire al virus di diffondersi da persona a persona.
Come già ampiamente spiegato nel numero della scorsa settimana, se non si limita la diffusione del virus, esso si propaga ad una velocità esponenziale fino a che ha infettato la gran parte della popolazione. A quel punto non trova più spazio e si ferma.
Il problema con questo virus è che, se lasciato libero, la sua diffusione è molto veloce (raddoppio in 2,5 giorni o meno) ed ha una incubazione che può arrivare fino a 14 giorni. Questo significa che nel tempo di latenza del virus, 14 giorni, esso si può propagare fino ad essere quasi 100 volte più diffuso rispetto al giorno 1.
Il lockdown serve proprio per rallentare e auspicabilmente fermare la diffusione del virus in modo da impedire il crash del sistema sanitario. Se infatti un intero Paese (o un’intera città) si ammala di questa terribile malattia, ci sarà una percentuale rilevante di persone che si potranno aggravare e necessiteranno di un’assistenza che non potrà essere fornita.
La velocità di diffusione è ciò che rende questa lotta con il virus così difficile. Il tempo è pochissimo e ogni decisione va presa nel più breve tempo possibile.
La Cina ha mostrato al mondo come fare. E in questi giorni Wuhan sta uscendo dall’emergenza, anche se rimarranno in piedi ancora per molto tempo misure di monitoraggio molto stringenti. Il rischio che si reinneschi un nuovo focolaio è ancora altissimo. Ma la strada seguita, e che stiamo seguendo in Italia, è quella giusta.
Nel nostro Paese sono ancora in crescita, anche se forse non più con un andamento esponenziale, il numero dei contagi e delle vittime. Codogno e Lodi sono uscite dall’emergenza e non ci sono più nuovi casi di infezione. Questo significa che il lockdown è la strada da seguire perché funziona.
Malgrado il caso italiano, persiste in molti Paesi europei una pericolosa cecità mista a criminalità. Si pensa che l’economia debba venire prima. Boris Johnson ha affermato, su consiglio dei suoi esperti, di voler seguire un’altra strada che non è il lockdown. Quella di lasciar correre il virus e lasciare che tutta la popolazione si infetti e sviluppi quella che si chiama “immunità di gregge”. È chiaro che questa affermazione corrisponde a dire che un numero altissimo di persone, in particolare persone anziane o malate, dovranno necessariamente morire.
Per la Gran Bretagna si parla di un numero di vittime che si aggirerebbe intorno a 500mila persone, se non di più, nel giro di qualche settimana. Boris Johnson ha gelato tutti quando ha detto agli inglesi di «prepararsi a perdere persone care». Ma se Johnson almeno lo ha detto chiaramente, altri Paesi europei non stanno facendo un granché di sostanziale per rallentare il virus e tengono di fatto all’oscuro la popolazione. Ci sono sì disposizioni di evitare assembramenti, e poco altro, ma sembra che il fatalismo sia il modo più comune di affrontare la crisi.
All’inizio sembra una sorta di cecità, un chiudere gli occhi su una realtà che è evidente. Poi quando i dati dicono la verità, diventa evidente che si tratta di criminalità. Invece dell’economia al servizio dell’essere umano c’è una società che stabilisce che è l’essere umano al servizio dell’economia. I comportamenti dei leader europei, per non parlare di Trump, vanno tutti in questa direzione.
La Cina, con il suo successo nel gestire la crisi, ha dimostrato di essere il nuovo Paese leader del mondo. Ha messo davanti a tutto l’interesse per la propria popolazione. Che poi, a ben guardare, corrisponde evidentemente anche all’interesse per la propria economia. Far morire centinaia di migliaia se non milioni di persone come se niente fosse, non può essere in alcun modo favorevole all’economia.
Allora c’è da pensare che nel pensiero occidentale ci sia qualcosa che stabilisce che gli esseri umani non contano niente. Siamo tutti sacrificabili. La Cina è ormai uscita dalla crisi provocata dal coronavirus. Noi ci siamo entrati da appena tre settimane, che sembrano un’eternità. Per uscirne ci vorrà ancora molto tempo. Dovremo avere molta pazienza.
Ma ce la possiamo fare.
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Come già ampiamente spiegato nel numero della scorsa settimana, se non si limita la diffusione del virus, esso si propaga ad una velocità esponenziale fino a che ha infettato la gran parte della popolazione. A quel punto non trova più spazio e si ferma.
Il problema con questo virus è che, se lasciato libero, la sua diffusione è molto veloce (raddoppio in 2,5 giorni o meno) ed ha una incubazione che può arrivare fino a 14 giorni. Questo significa che nel tempo di latenza del virus, 14 giorni, esso si può propagare fino ad essere quasi 100 volte più diffuso rispetto al giorno 1.
Il lockdown serve proprio per rallentare e auspicabilmente fermare la diffusione del virus in modo da impedire il crash del sistema sanitario. Se infatti un intero Paese (o un’intera città) si ammala di questa terribile malattia, ci sarà una percentuale rilevante di persone che si potranno aggravare e necessiteranno di un’assistenza che non potrà essere fornita.
La velocità di diffusione è ciò che rende questa lotta con il virus così difficile. Il tempo è pochissimo e ogni decisione va presa nel più breve tempo possibile.
La Cina ha mostrato al mondo come fare. E in questi giorni Wuhan sta uscendo dall’emergenza, anche se rimarranno in piedi ancora per molto tempo misure di monitoraggio molto stringenti. Il rischio che si reinneschi un nuovo focolaio è ancora altissimo. Ma la strada seguita, e che stiamo seguendo in Italia, è quella giusta.
Nel nostro Paese sono ancora in crescita, anche se forse non più con un andamento esponenziale, il numero dei contagi e delle vittime. Codogno e Lodi sono uscite dall’emergenza e non ci sono più nuovi casi di infezione. Questo significa che il lockdown è la strada da seguire perché funziona.
Malgrado il caso italiano, persiste in molti Paesi europei una pericolosa cecità mista a criminalità. Si pensa che l’economia debba venire prima. Boris Johnson ha affermato, su consiglio dei suoi esperti, di voler seguire un’altra strada che non è il lockdown. Quella di lasciar correre il virus e lasciare che tutta la popolazione si infetti e sviluppi quella che si chiama “immunità di gregge”. È chiaro che questa affermazione corrisponde a dire che un numero altissimo di persone, in particolare persone anziane o malate, dovranno necessariamente morire.
Per la Gran Bretagna si parla di un numero di vittime che si aggirerebbe intorno a 500mila persone, se non di più, nel giro di qualche settimana. Boris Johnson ha gelato tutti quando ha detto agli inglesi di «prepararsi a perdere persone care». Ma se Johnson almeno lo ha detto chiaramente, altri Paesi europei non stanno facendo un granché di sostanziale per rallentare il virus e tengono di fatto all’oscuro la popolazione. Ci sono sì disposizioni di evitare assembramenti, e poco altro, ma sembra che il fatalismo sia il modo più comune di affrontare la crisi.
All’inizio sembra una sorta di cecità, un chiudere gli occhi su una realtà che è evidente. Poi quando i dati dicono la verità, diventa evidente che si tratta di criminalità. Invece dell’economia al servizio dell’essere umano c’è una società che stabilisce che è l’essere umano al servizio dell’economia. I comportamenti dei leader europei, per non parlare di Trump, vanno tutti in questa direzione.
La Cina, con il suo successo nel gestire la crisi, ha dimostrato di essere il nuovo Paese leader del mondo. Ha messo davanti a tutto l’interesse per la propria popolazione. Che poi, a ben guardare, corrisponde evidentemente anche all’interesse per la propria economia. Far morire centinaia di migliaia se non milioni di persone come se niente fosse, non può essere in alcun modo favorevole all’economia.
Allora c’è da pensare che nel pensiero occidentale ci sia qualcosa che stabilisce che gli esseri umani non contano niente. Siamo tutti sacrificabili. La Cina è ormai uscita dalla crisi provocata dal coronavirus. Noi ci siamo entrati da appena tre settimane, che sembrano un’eternità. Per uscirne ci vorrà ancora molto tempo. Dovremo avere molta pazienza.
Ma ce la possiamo fare.
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