L’assunzione di giovani medici prevista nel decreto Cura Italia è un provvedimento per fronteggiare l’emergenza. Ma dopo i primi sei anni di studio si è realmente pronti alla professione? La parola ai neolaureati che stanno vivendo questa esperienza

Per tutti i neolaureati in medicina l’avventura professionale inizia con il giuramento di Ippocrate. Un giuramento che ogni medico ancora recita alla proclamazione della sua laurea, che più di un impegno è una responsabilità che si assume nei confronti di tutti gli altri esseri umani che si troverà di fronte nella sua carriera, e in qualche modo anche nella sua vita privata.

In questi giorni difficili sentiamo ancora nelle orecchie lo scrosciare degli applausi in tutta Italia per il commovente lavoro che medici e infermieri stanno svolgendo, con l’intensificazione dei turni, dello stress, ma soprattutto dei rischi che corrono sul luogo di lavoro.

Il ministro dell’Università e della ricerca Manfredi ha annunciato che con il decreto Cura Italia del governo Conte saranno a breve disponibili 10mila nuovi medici per fronteggiare l’emergenza coronavirus, questo in virtù dell’abolizione dell’esame di Stato per l’esercizio della professione medica. Subito sono montate le polemiche e il ministro ha dovuto precisare che i neolaureati principalmente saranno assunti nei servizi territoriali e non andranno solo in corsia, saranno utilizzati quindi come pedine per liberare altri medici più esperti. Ad uno sguardo superficiale tutto ciò potrebbe sembrare un’ottima notizia, ma è necessario allargare il campo per non perdere alcuni dettagli della questione.

Dopo sei anni di studio si indossa la…

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