Ricapitoliamo: al Pio Albergo Trivulzio di Milano stanno indagando per capire se davvero sia successo che gli anziani ospiti malati di Coronavirus siano stati nascosti per non avere troppi problemi e se scientemente siano stati esposti al contagio anche gli operatori e i famigliari per non “terrorizzare gli ospiti” (la racconta così un’infermiera). Le indagini faranno il loro corso ma è un fatto che non ha bisogno di interpretazioni il fatto che la direzione della casa di riposo abbia risposto alle accuse dicendo che “tutti erano muniti delle dovute protezioni” (che è un modo molto lungo e elegante per dire che avevano la mascherina). Perfetto. Quella frase è una bugia e c’è addirittura un video che lo dimostra.
Poi c’è ciò di cui parlavamo giusto nel buongiorno di ieri: i sindacati raccontano delle troppe aziende aperte che hanno chiesto la deroga alla propria Prefettura e che le Prefetture non avranno modo di controllare tutte nel giro di poco tempo. In sostanza hanno chiesto la deroga ma finché nessuno li controlla continuano tranquillamente a lavorare. Oltre a questo i sindacati si sgolano per dirci che i lavoratori che continuano a lavorare sono molti di più di quello la retorica racconta. Forse, dicono sindacati, sono aperte anche aziende che c’entrano poco con le attività indispensabili di questa quarantena.
Poi c’è la questione della zona rossa che non è diventata zona rossa nella bergamasca: Regione Lombardia e governo litigano su chi avrebbe dovuto deciderlo ma alla fine l’assessore lombardo Gallera ci ha detto che in effetti avrebbero potuto agire da soli, come Regione. Fontana dice che sono stati scavalcati dal governo. Intanto quelli muoiono. Intanto la Procura di Bergamo indaga per “epidemia colposa”.
Poi c’è la casa di riposo di Soleto, in Puglia con 88 contagiati e l’ipotesi che alcuni siano morti addirittura di fame e di sete. La situazioni delle case di riposo è drammatica, usciranno altri casi. Sicuro.
Forse sarebbe il caso di usare questa disgrazia di virus per provare a pensare come si vuole ricominciare, magari rendendosi conto che la sanità pubblica va ricostruita piuttosto che demolita e la sanità privata deve imparare a rispondere delle proprie responsabilità e inefficienze. Sarebbe il caso di aprire un dibattito su salute e profitto e su quali siano i limiti che non ci possiamo permettere di superare.
La risposta invece è sempre la stessa: “non è il momento”. “Non è il momento” è il trucco che si usa per tutte le stagioni: non è il momento, per loro, finché non ce ne siamo dimenticati. Solo allora qualcuno da solo può sgolarsi nel deserto. Li riconosci quelli che provano a scappare: mentre lo fanno vi urlano che non è il momento di inseguirli.
Buon giovedì.