Quando usciremo dall’isolamento forzato dovremo riflettere sullo stile di vita che ci ha portato fin qua. Dovremo ripensare la società. Tornando a dare valore a quelle istituzioni che mettono alla loro base gli esseri umani: sanità, scuola, ricerca e università

Mentre scrivo, in Italia sono passati 27 giorni 21 ore e 08 minuti dall’inizio della quarantena. Un isolamento che ci ha visto fare da apripista per l’Europa e il mondo intero nel fronteggiare una situazione a dir poco surreale e straniante. Dall’oggi al domani siamo stati infatti catapultati in un film di fantascienza e ognuno di noi si è ritrovato chiuso nella propria casa, limitato nella libertà di movimenti, incontri, uscite, per sconfiggere il “virus letale”. In pochi giorni abbiamo dovuto ripensare e riorganizzare vite affettive, lavoro, ritmi casalinghi, rapporti interumani.

E adesso che la curva dei contagi si sta stabilizzando per avviarsi – si spera – verso la discesa si comincia a pensare a quella che scienziati, giornalisti e politici chiamano “fase 2”, vale a dire una lenta ripresa delle nostre vite, mantenendo però sempre e comunque gli opportuni accorgimenti di mascherine, distanza di sicurezza e, quando possibile, smart working. Molti di noi hanno imparato a utilizzare le nuove tecnologie per fare video lezioni, conferenze, riunioni… e la casa è divenuta il nostro spazio lavorativo. La linea tra ambito privato e ambito pubblico si è assottigliata e riusciamo a scrivere, fare lezioni…tra una lavatrice, qualche esercizio di yoga-pilates e i bambini che fanno i compiti su una piattaforma digitale.
In questo momento abbiamo compreso come non mai la fondamentale importanza delle nuove tecnologie digitali senza le quali saremmo davvero persi: esse ci consentono di mantenere il contatto con i nostri cari e con l’esterno. Facciamo tutto “comodamente” da casa: spesa, lavoro, compleanni, aperitivi con gli amici, saluti ai parenti…

Ci ritroviamo così ad avere una montagna di tempo, un tempo però che non è più scandito da un “dentro” e da un “fuori”, ma che si srotola tutto insieme, velocissimo e ci sommerge alla fine delle giornate. La limitazione delle nostre quotidiane libertà di azione si è così trasformata in un’enorme libertà di pensare, riflettere, leggere…è come se quella libertà “esteriore” si fosse trasformata in una libertà “interiore”.
In questi mesi di isolamento forzato c’è chi sicuramente riesce a…

L’articolo prosegue su Left in edicola dal 10 aprile 

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