«Siamo in acque internazionali davanti alla Libia. Ad oggi (mentre il giornale va in stampa, ndr) non siamo stati coinvolti in nessun soccorso. Martedì 9 giugno abbiamo ripreso le missioni aeree, la nave era già in mare dal sabato precedente. L’aereo che utilizziamo per le ricognizioni, il Moonbird, ha segnalato tre imbarcazioni in difficoltà alle autorità di Italia e Malta. Erano distanti e non ce l’avremmo fatta ad intervenire. Sono state intercettate e riprese dai libici. Le autorità europee hanno facilitato Tripoli. Frontex, che aveva già avvistato le imbarcazioni, non è intervenuta». È il racconto di Giorgia Linardi, portavoce dell’Ong tedesca Sea watch, che da anni interviene nel Mediterraneo centrale insieme ad altre organizzazioni non governative, svolgendo il compito che spetterebbe all’Ue: salvare vite umane. Sea watch è divenuta famosa tra l’opinione pubblica anche grazie ad una sua esponente, Carola Rackete che, da comandante della nave, disobbedì al divieto di attracco a Lampedusa con 43 richiedenti asilo a bordo.
Il 12 giugno di un anno fa 53 persone venivano salvate in mare, tra loro 10 bambini ed adulti in condizioni sanitarie critiche furono trasferiti a terra, ma ogni porto italiano venne interdetto all’imbarcazione dall’allora ministro dell’Interno. Dopo giorni di trattative il 28 giugno alcuni Paesi dichiararono la disponibilità ad accogliere i profughi ma dal governo italiano non giunse alcun segnale. Carola scelse in nome della salute dei migranti, ed entrò nel porto dell’isola siciliana. Sotto le pressioni del leader leghista, col pretesto che tale forzatura – compreso l’urto con una imbarcazione della finanza – costituisse un atto di guerra, Carola Rackete venne arrestata e rimase per alcuni giorni agli arresti domiciliari, fino a quando il Gip di Agrigento ne dispose la liberazione in quanto «aveva agito per proteggere la sicurezza dei passeggeri».
Ne seguì una lunga controversia sia legale che mediatica, in parte ancora non conclusa (l’ex ministro è stato querelato per diffamazione), ma in cui le accuse di Salvini sono di fatto crollate. «L’ultima novità rilevante risale al 20 gennaio 2020 – riprende Linardi -. Secondo la Corte di Cassazione non solo Carola ha adempiuto ad un dovere ma, andando oltre, ha affermato che le navi in quanto tali non possono essere qualificate come place of safety (porto sicuro) e che le persone dovevano poter sbarcare». La Sea watch 3 prima di partire ha inviato una missiva all’Ue chiedendo di…
Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE