Dalle rinnovabili all’economia circolare, alla riqualificazione energetica dei processi industriali e delle abitazioni, alla mobilità, all’agricoltura, il saldo occupazionale atteso dalle politiche del Green deal è positivo. Sia in Italia che nell’intera Ue. Ma bisogna investire

Nelle aspettative di molti addetti ai lavori, il 2020 era atteso come l’anno di svolta delle politiche europee in chiave green, ossia un cambio di passo per mettere a sistema una serie di provvedimenti a sostegno di una crescita sostenibile sotto il profilo climatico e ambientale, che fosse inclusiva dal punto di vista sociale.

L’aspettativa non è stata delusa e alla fine del 2019, la Commissione ha pubblicato il Green deal europeo: una tabella di marcia che si propone di affrontare i problemi legati al clima e all’ambiente, raggiungendo la neutralità carbonica entro la metà del secolo, riducendo la pressione sulle risorse, tutelando e migliorando il capitale naturale. E con l’ulteriore impegno a far sì che la transizione avvenga in modo equo, prevedendo un meccanismo di sostegno a quei settori che saranno maggiormente colpiti, anche attraverso programmi di riqualificazione professionale dei lavoratori per garantirgli le competenze necessarie ad accedere ai nuovi posti di lavoro che saranno generati.

Già, perché seppure andranno perduti molti posti di lavoro, soprattutto nei settori brown dell’economia, ad esempio quelli legati ai combustibili fossili o alle attività estrattive, a fronte di un piano di investimenti miliardario in diversi ambiti – dalle rinnovabili, all’economia circolare, alla riqualificazione energetica dei processi industriali e delle abitazioni, alla mobilità, all’agricoltura, il saldo occupazionale atteso dalle politiche del Green deal europeo è…

L’autore: Massimiliano Bienati si occupa di studi e ricerche presso la Fondazione per lo sviluppo sostenibile di cui è direttore Raimondo Orsini

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