Un alone di mistero avvolge la vita del chitarrista blues cui fa cenno Alan Lomax nei suoi appunti conservati alla Library of Congress Usa. Agli inizi del Novecento fu il maestro di un’intera generazione di musicisti, là, sulle rive del Mississippi, tra piantagioni e Juke Joint

Nell’estate del ’42, quando ritorna nel Sud, “a caccia di canzoni”, come sempre, Alan Lomax vuole ancora fare i conti con le “voci” e sulla sua lista di musicisti scomparsi, o dimenticati, c’è anche il nome di Delta Blind Billy, il fuorilegge. Dopo Memphis, Lomax si sente di nuovo a casa, finalmente. Le prime avvisaglie del Delta lo rallegrano. «Mi sembrava di sentire l’odore del Mississippi, pesce gatto fritto, pannocchie arrostite e imburrate e anguria al fresco della sera, il tutto innaffiato da distillato di Mais e accompagnato dal blues». Ma ha fretta, sta per partire per la guerra, e in ogni caso sui suoi taccuini fitti di appunti ci sono ancora troppi interrogativi, e troppi buchi. Ne La terra del blues – il suo libro più celebre, e più bello – questa urgenza la cogli benissimo quando incontra Son House, vicino a Tunica, perché Son era quello che ne sapeva di più di musicisti, e poi era stato il maestro di Robert Johnson, che continuava a chiamare Little Robert, come una volta (era «vanitoso come un pavone, e oltremodo irritabile», però, tra tutti, era quello «che ha imparato a suonare più in fretta di chiunque altro, da queste parti») e, insomma, Lomax gli vuol far raccontare tutto, sapere tutto e Son House aveva voglia di chiacchierare, quel pomeriggio.

Di quella conversazione, Lomax trascrive (quasi) tutto ne La terra del blues. Son ciancia a ruota libera, inarrestabile, gli parla di Lonnie Johnson, di Charlie Patton, e di Blind Lemon Jefferson, di Muddy Waters. Soltanto quando Lomax lo incalza su Delta Blind Billy si fa reticente. Le poche cose che Alan riesce a cavarne fuori neanche le trascrive sul libro, e qualche indizio lo ritroviamo nei suoi appunti conservati alla Library of Congress Usa. Delta Billy, Son House se lo ricorda e no, o finge qualcosa, e a mezza bocca lascia capire che era un tipo così, poco trattabile, e che c’era stato qualche fatto di sangue, delle rapine. Ovvio – concede – che c’era questo suo pezzo, “Hidden Man”, che alla fine lo cantavano un po’ tutti, trasformato in “Man of Constant Sorrow”, e certo Delta Billy un due o tre pezzi fantastici li aveva pure scritti, non ci piove, però…. Cosa frenasse Son House non è chiaro. L’unica cosa davvero interessante la racconta a Lomax proprio alla fine.

A Clarksdale, doveva essere stato il ’26 o il ’27 in uno di quei Juke Joint che c’erano allora un giorno c’era stato una specie di incontro al vertice di tutti i bluesman ciechi del tempo e Son li aveva sentiti suonare, tutti assieme: c’erano Blind Connie Williams, Leon Jefferson, c’erano anche Joe Reynolds e Blind Willie Mctell. C’era – anche -, ma sempre un po’ per i fatti suoi, Delta Blind Billy. «Poteva essere stato un caso, non lo so, ma sembrava che quei ciechi si fossero messi d’accordo, in qualche modo, una specie di congiura di ciechi, anche bravissimi, e a me i ciechi fanno paura, da morire, ti sembra che ti guardino lo stesso dietro quei maledetti occhi bianchi, oppure bui». Come a tutti gli incroci del destino, i ciechi poi s’erano salutati e ognuno se n’era andato via per la sua strada, e qualcuno di loro sarebbe riapparso dal vivo, nei Sessanta, di altri ci restano almeno i dischi, parecchi takes. Ma nessuno – e Son House, scrolla le spalle, indifferente – nessuno sa dove diamine sia finito Delta Blind Billy.

Chi ebbe decisamente più fortuna di Lomax fu, una decina d’anni dopo, John Wesley Irving, un poco noto folclorista dell’Università dell’Indiana. Roso – si dice – da un’inguaribile invidia per La terra del blues, Irving, coi fondi messigli a disposizione da un comitato per la True American Culture (un ente finanziato da gente vicina al senatore McCharty e più che altro sponsorizzato dalla National Rifle Association) si mise in macchina sulle tracce di Lomax nella primavera del ’52 pur odiando in cuor suo i neri, il blues, le atmosfere del Delta e anche i pesci gatto. Ma com’è, come non è, pur essendo una brutta persona, ebbe fortuna (a meno, ovvio, che non abbia inventato tutto di sana pianta). Il suo libro – Blues coming down like hail, Vertigo Press, 1953 – non riscosse alcun favore e l’insuccesso fu solo uno dei vari elementi che porterà Irving a ritirarsi. Sia come sia, su Delta Billy almeno, pare abbia fatto centro (o almeno così si vanta).

In generale, nei primi anni Cinquanta, se ne sapeva pochissimo come ai tempi di Lomax. La voce che Delta avesse inciso un “race record” nel ’29 restava da provare e in buona sostanza tutto quel che restava di lui eran questi tre pezzi (gli stessi, peraltro, che si possono trovare ancora oggi vagando sul web): “Hidden Man!, “First Take Blues”, “Waiting Round for You Woman”. In Blues coming down, Irving non rivela le sue fonti, resta elusivo. «Lomax – scrive – avrebbe potuto arrivarci benissimo: la verità era…»…

Il cantautore Valerio Billeri con il suo gruppo le Ombrelettriche e lo scrittore e disegnatore Vittorio Giacopini sono gli autori di “La trasfigurazione di Delta Blind Billy”. Undici brani originali, un racconto (e qualche disegno) sull’inafferrabile chitarrista. Il cd-racconto viene presentato il 15 luglio a Roma presso lo spazio Sinestetica, viale Tirreno 70 a/b.

L’articolo di Vittorio Giacopini prosegue su Left del 3 luglio 2020

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