Pestilenze, carestie ed epidemie hanno sempre alimentato caccia alle streghe e deliri collettivi. Oggi sono fomentati dalle facce bifronti di chi prima dice che non è successo niente e poi indica nei ragazzi e nei migranti i nuovi untori, impedendo di cogliere la verità delle cose

«Carissimo Delio…Tu scrivimi sempre e di tutto ciò che ti interessa nella scuola. Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi, non può non piacerti più di ogni cosa». Scriveva Antonio Gramsci, in una delle lettere ai figli, nei lunghi anni della sua prigionia. Anche a noi la storia piace, soprattutto quella recentissima, dove giovani e meno giovani, studenti, insegnanti e tutto il mondo della medicina, hanno espresso qualità e capacità inusuali e impensabili.

Quando a fine dicembre iniziavano ad arrivare, dalla Cina, le notizie di un nuovo virus che aveva fatto il salto di specie e che cominciava a mietere le prime vittime, qui in Italia, come nel resto d’Europa e del mondo, i più giovani, irrisi da buona parte dei potenti del pianeta, manifestavano per l’ecosistema paventando una imminente catastrofe ambientale.
Questa ripresa di un sentire comune, che non necessariamente avesse una connotazione politica, sembrava la più alta espressione di un ideale di convivenza civile, a cominciare proprio dagli studenti del venerdì, insultati perché in quel giorno disertavano i banchi di scuola, senza ascoltare e porre attenzione al loro grido di allarme.
Poi l’allarme è arrivato dall’Oriente. A sconvolgere la nostra quotidianità, apparentemente serena, è stato un insulto alla salute fisica che ha aggredito il nostro organismo.
Un virus, denominato Covid-19, ci ha prepotentemente aperto gli occhi, sovvertendo la scala dei valori che governava la nostra vita e ci ha costretti ad immaginare nuove strade per la costruzione del futuro, consapevoli che il cardine di ogni cambiamento sta nella capacità di vedere la realtà circostante e di comprendere i movimenti mentali e culturali che lo governano.

Gli esseri umani da sempre hanno convissuto con la malattia non limitandosi però a registrarne gli effetti su loro stessi ma cercando di conoscere la natura di quei virus che attaccavano il loro corpo. A partire da Talete, la malattia è diventata un fenomeno proprio della realtà fisica e non più una punizione degli dei. Per migliaia di anni i progressi della ricerca sono stati oscurati dalle credenze religiose, ma non si è mai smesso di cercare, convinti fermamente che l’insulto al nostro organismo potesse provenire dalla realtà circostante. Quando, poi, il metodo ha permesso di confermare questa idea, si è potuto risalire alle cause vere di malattia e individuarne i rimedi. Tutto questo ha riguardato soltanto le malattie del corpo umano. Nelle malattie della mente, invece, non si è mai smesso di pensare ad un male radicato nella natura umana. Non si è mai pensato che la malattia della mente, come la malattia del corpo, possa essere la conseguenza di un insulto proveniente da una realtà umana esterna (cfr. La Teoria della nascita di Massimo Fagioli).

Quindi l’idea di male radicale non è per nulla scontata e men che meno naturale: nei giorni della pandemia, che ancora stiamo vivendo, gli esseri umani hanno dimostrato un interesse per i loro simili assolutamente al di sopra di qualsiasi utile e vantaggio personale. Tutti hanno impegnato qualsiasi energia comune per combattere questo attacco proveniente dalla realtà circostante, che ci ha travolto sia sul piano biologico che su quello economico e sociale. Abbiamo iniziato con lo slogan dei bambini “Andrà tutto bene”, neanche troppo veritiero, proseguendo con le canzoni dai balconi, dimostrandoci ogni giorno più solidali. Occorre però ricordare come storicamente carestie, pestilenze ed epidemie abbiano alimentato caccia alle streghe, persecuzioni, vaticini, deliri collettivi o immaginarie catastrofi, fomentati ieri dai sostenitori della fede, oggi dalle facce bifronti di chi da una parte sostiene che non è successo niente, dall’altra indica nei ragazzi e nei migranti i nuovi untori o i portatori naturali di un male radicale, impedendo di fatto di cogliere la verità delle cose. Per questo, ci indigna leggere quanto scriveva, giorni fa, sul Corsera, l’intellettuale Polito, che parlava del Covid come del riacuirsi del male, contrapponendolo ad un bene generico e proponendo un’accozzaglia di esempi, tra i più disparati, per dimostrare la sua tesi di un’umanità immodificabile, afflitta “da sempre” dal male radicale.
Il virus…

L’articolo prosegue su Left del 14-20 agosto

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