Selezioni pilotate, ritagliate su misura per chi dovrà vincerle. In spregio ad ogni principio democratico. Sono svariate le storie di ordinario clientelismo negli atenei italiani. Un crimine col quale viene rubato il futuro di un’intera generazione di giovani. E del Paese

«Perché ho deciso di raccontare senza pudore questa sequenza di miei fallimenti? Innanzitutto, perché non me ne sento responsabile e non mi sento affatto di aver mancato gli obiettivi iniziali… E proprio perché ritengo che io sia stata costretta a fallire per via di un sistema ingiusto e illecito che ho sentito il dovere morale di denunciare. Per rabbia e per orgoglio, poiché trovo intollerabile che in un Paese civile venga letteralmente impedito a un giovane di belle speranze e grande impegno di autodeterminarsi e di scegliere cosa fare nella vita. Trovo intollerabile che il merito in questo Paese sia puntualmente calpestato, negato, vilipeso, non riconosciuto, mistificato, obnubilato, parafrasato, derubato, mentre se ne riempiono tutti la bocca. Trovo intollerabile che ci sia qualcuno che si arroghi il diritto di rubarti il futuro per pensare agli interessi personali, cosa tanto più illecita quando parliamo di strutture pubbliche, finanziate con denari pubblici. Trovo intollerabile l’assenza di diritto di scelta, di democrazia, di libertà, di esistenza, di pensiero, di parole e di opere».

Helga Di Giuseppe è una archeologa, dal nutritissimo curriculum. Che aveva un’ambizione. Quella di continuare a fare ricerca. Per questo non si è risparmiata, nel tentativo di vincere un concorso che le aprisse le porte dell’Università. Ha studiato, ha pubblicato, ha lavorato. Testardamente. Senza riuscirci. Recentemente ha…

L’articolo prosegue su Left del 14-20 agosto

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