Più investimenti nella sanità pubblica, patrimoniale e soprattutto un reddito universale. Un nuovo lockdown si può affrontare solo risolvendo la contraddizione tra tutela della salute e vincoli economici. E quindi garantendo a chiunque un diritto all’esistenza al di là del lavoro

«La crisi la paghino i ricchi! Nessun ricatto tra salute e reddito». Lo striscione sfila per le vie della Capitale sabato 31 ottobre, durante il corteo organizzato da collettivi, sindacati di base, partiti di sinistra, centri sociali e movimenti di lotta per la casa. Sono presenti qualche migliaia di persone. Superano in numero i partecipanti alle recenti iniziative dei neofascisti romani sommate assieme. Parole d’ordine: reddito universale, patrimoniale, investimenti sostanziosi nella sanità pubblica.
Negli ultime settimane, altre proteste hanno avuto altri toni e slogan. D’altronde, la seconda ondata della pandemia in Italia ha urtato una classe lavoratrice mai così frammentata. Agli effetti disgreganti di oltre trent’anni di politiche neoliberiste, si sono aggiunti quelli degli interventi ultra-targettizzati con cui il governo Conte ha risposto ai bisogni economici del primo lockdown. Poi, ciliegina sulla torta, sono arrivate le chiusure selettive del confinamento soft inaugurato il 26 ottobre e poi irrobustito da esecutivo e, qua e là, dalle Regioni. Al nuovo Dpcm di novembre siamo arrivati in questo modo. Passando per un blocco preliminare che ha riguardato in varie misure alcune attività (cinema, teatri, sale da concerto, palestre, piscine, bar, ristoranti, etc.) e non altre (chiese, attività produttive non essenziali come l’industria bellica), con un’arbitrarietà solo parzialmente giustificabile, che ha finito col far cadere altri cittadini nel più classico dei tranelli reazionari, quello della “lotta tra poveri”.

Anche per questo motivo le rivendicazioni espresse a Roma dalle varie anime della sinistra sono basilari. Perché, oltre ad essere inaggirabili – e ancor di più lo sono con l’inasprimento doveroso delle misure di contenimento – se si vuole evitare un lacerante aumento delle disuguaglianze sociali, esse possono ricompattare il fronte di chi subisce la spietatezza della logica del Capitale. L’avevamo anticipato su Left del 9 ottobre, rilanciando in copertina la raccolta firme europea per un reddito di base universale in ogni Paese Ue: solo una misura come questa, capace di garantire un diritto all’esistenza al di là del lavoro, può risolvere la contraddizione tra diritto alla salute e “vincoli” economici.
Come è evidente, al cospetto di una proposta del genere, il decreto Ristori non…

L’articolo prosegue su Left del 6-12 novembre 2020

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