Una sanità colabrodo dopo anni di clientelismo e tagli. Fiumi di pazienti abituati a doversi curare al Nord. Una speranza di vita più bassa. E infine, mesi di ritardi e negligenze nell’attrezzarsi contro il Covid. Ecco come gli operatori sanitari e i cittadini calabresi sono costretti a fronteggiare la pandemia

Se la pandemia ha messo in ginocchio l’intera Penisola, in Calabria essa ha anche scoperchiato e sta facendo esplodere una pentola che ribolliva da troppo tempo ed era ben nota agli abitanti della regione: quella di un’assistenza sanitaria generalmente inaffidabile ed a livelli da quarto mondo. Ora, la seconda ondata del coronavirus ha rivelato anche ai non calabresi la disastrosa realtà di questa sanità, subissata dai debiti ed incapace di far fronte all’ordinaria amministrazione. E le recenti, tristi vicende documentate dagli organi d’informazione nazionali sembrano solo la punta d’un enorme iceberg alla deriva.

Ecco perché, in questa regione, la paura e la solitudine dei cittadini posti di fronte ad un nemico invisibile come il Covid sono diverse che altrove: più forti ed impotenti, perché i calabresi – a prescindere dalla pandemia – non hanno più alcun dubbio sul fatto che il loro diritto alla salute sia stato ridotto a carta straccia. Visto che, durante il primo lockdown, quando era forte il terrore che gli ospedali non potessero reggere l’eventuale urto pandemico, anziché correre ai ripari, la dirigenza regionale ha cercato di cavalcare la casualità di averlo scampato, inventandosi slogan di cattivo gusto che asserivano che «in Calabria l’unico pericolo è quello di ingrassare».

In tutto il Mezzogiorno, secondo l’Annuario statistico del Sistema sanitario nazionale del ministero della Salute, i valori medi Lea (gli indicatori di erogazione dei Livelli essenziali di assistenza, una misura indiretta degli esiti del Sistema sanitario) sono da tempo sistematicamente più bassi (spesso sotto la soglia dell’accettabilità predefinita), e negli ultimi anni in sostanziale stasi, mentre in quasi tutte le regioni del Centro-Nord risultano in miglioramento. In Calabria, le insufficienze storiche della macchina socio-sanitaria, a partire da quella della Protezione civile, e le troppe leggerezze dimostrate nella (mancata) prevenzione della “seconda ondata” del coronavirus sono ormai ben note ovunque e divenute proverbiali. Per tali deficienze – e non tanto per il numero dei contagi, che comunque stanno decisamente aumentando – la regione è stata dichiarata “zona rossa” e la sua situazione si presenta oggi, per tanti aspetti, più drammatica che altrove. La nomina del romagnolo Giuseppe Zuccatelli a commissario della Sanità regionale – succeduto al generale Cotticelli dell’ormai celebre intervista alla trasmissione tv Titolo V, che non sapeva che il Piano Covid l’avrebbe dovuto redigere lui stesso – alla luce delle…

Carlo Spartaco Capogreco è professore di Storia contemporanea all’Università della Calabria

L’intervista prosegue su Left del 20-26 novembre 2020

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