Con linguaggio poetico e ironico, in “Al di là dell’estetica”, il premio Nobel Wole Soyinka svela e denuncia lo sforzo dogmatico - colonialistico o religioso - con cui si è cercato di eliminare le tradizioni artistiche africane

Al di là dell’estetica. Uso abuso e dissonanze nelle tradizioni artistiche africane. Già il titolo del libro firmato dal Nobel nigeriano Wole Soyinka dice molto al lettore affascinato dall’arte africana, che in Europa è stata straordinaria fonte di ispirazione per artisti delle avanguardie storiche come Matisse e Picasso e molto più spesso esposta e vilipesa come trofeo di un colonialismo feroce.

Il libro di Soyinka ci costringe a cambiare radicalmente prospettiva, avvicinandoci a un’estetica completamente diversa da quella imposta dal canone occidentale, evocando un’altra idea e immagine di bellezza rispetto a quella “apollinea”, neoclassica o realista a cui, come occidentali, siamo assuefatti da secoli.
Dalle pagine di questo volume (in cui le parole dello scrittore hanno la stessa potenza di immagini di sculture, maschere, recipienti istoriati della tradizione Yoruba) emerge una composizione dirompente, splendidamente irrazionale, che ci tocca profondamente. La bellezza che ci riempie gli occhi e la mente vanno però di pari passo al dolore per le ferite ancora aperte dell’Africa profonda depredata, colonizzata (anche imponendo un’estetica occidentale), inascoltata. Di tutto questo Soyinka ci parla con linguaggio denso e poetico in questa serie di saggi, conferenze, riflessioni sull’arte a partire da opere che hanno nutrito il suo teatro.
Questo libro pubblicato da Jaca Book (editore anche de L’uomo è morto, il libro con cui Soyinka vinse il premio Nobel) ci parla anche della difficoltà di costruire ponti culturali.

Emblematica è l’immagine da cui parte la narrazione di Soyinka: una statua dedicata agli schiavi che partivano dal Senegal collocata nel centro di Dakar. Il titolo è Monumento del Rinascimento africano. Ma quest’opera colossale ben poco ha a che fare con la tradizione e l’arte e il contesto locale. Piuttosto sembra un massiccio monumento in stile realismo sovietico o di «arte pubblica fascista mascherata da realismo proletario».
Come è stata possibile questa violenta sovrapposizione alla cultura autoctona? Come è possibile che sia stata collocata in uno spazio pubblico e collettivo? In un anno in cui anche grazie al movimento Black Lives Matter molto si è giustamente discusso della necessità di rimuovere statue e monumenti che celebrano razzisti e schiavisti (anche in Italia con la contestazione della statua dedicata a Montanelli) le questioni poste da Soyinka ci interrogano profondamente. Per affrontarle lo scrittore nigeriano parte anche dalla…


L’articolo prosegue su Left del 23 dicembre 2020 – 7 gennaio 2021

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SOMMARIO

Direttore responsabile di Left. Ho lavorato in giornali di diverso orientamento, da Liberazione a La Nazione, scrivendo di letteratura e arte. Nella redazione di Avvenimenti dal 2002 e dal 2006 a Left occupandomi di cultura e scienza, prima come caposervizio, poi come caporedattore.