L’emergenza scolastica in Cina, il primo Paese colpito dal Covid-19, è stata gestita in maniera centralizzata senza un dibattito, perlomeno pubblico e su larga scala, simile a quello occidentale. Non sono mancate le voci critiche. Tuttavia dopo 10 settimane le scuole erano già riaperte

Dall’inizio del 2020 la pandemia da Covid-19 è entrata prepotentemente nelle vite di tutti noi, cambiandole radicalmente. Uno degli effetti più pervasivi del diffondersi del virus, che ha avuto un forte impatto sulle nostre esistenze, è stato quello della chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e più in generale sul sistema educativo di tutto il mondo. Secondo l’Unicef, le chiusure avvenute in risposta alla pandemia hanno colpito il 61,6% della popolazione studentesca mondiale, coinvolgendo nel periodo di picco pandemico circa 1,7 miliardi di studenti. Un rapporto dell’Unesco sulle conseguenze negative delle chiusure scolastiche sottolinea che l’impatto di queste ultime non si limita agli studenti, ai docenti e alle famiglie, ma ha delle fortissime conseguenze economiche e sociali. Alla fine del febbraio 2020 il maggior numero di studenti costretti a casa a seguito delle misure attuate in risposta al diffondersi del Covid-19 si trovavano in Cina, per un totale di 233 milioni di ragazzi.

Il 9 marzo, in Italia, il premier Conte firmava il Dpcm decretando l’inizio del lockdown e la chiusura delle scuole fino alla fine dell’anno scolastico. In Cina, invece, alla fine di marzo ovvero dopo circa 10 settimane di chiusura, alcune scuole si preparavano a riaprire, a seguito dello spegnersi dell’emergenza Covid e della strabiliante reazione collettiva all’epidemia, oggetto di studio e stupore (“come avranno fatto?”), commenti pro (“laggiù sì che si rispettano le regole, non come da noi”) e contro (“ma in Cina c’è la dittatura”).

Negli Stati Uniti, secondo il New York Times, il problema maggiore riguardo la gestione del sistema scolastico durante la pandemia è stata l’assenza di una strategia unificata nazionale. Ogni Stato ha agito autonomamente, fronteggiando la carenza di test e tamponi a tappeto, genitori restii a rimandare i figli a lezione in presenza, sindacati dei docenti in rivolta per mancanza di protocolli di sicurezza unificati, studenti nei college che sfidano le regole organizzando raduni e feste.

Come è stata gestita l’emergenza scolastica in Cina, il Paese per primo colpito dal virus Covid-19? Nella Repubblica popolare cinese, come è semplice immaginare, tutto è stato gestito in maniera centralizzata e non vi è stato un dibattito, perlomeno pubblico e su larga scala, simile a quello occidentale.

Secondo un dossier di Edsurge, una Ong americana impegnata nel settore delle “education news”, dal 20 febbraio in poi il governo cinese ha…


L’articolo prosegue su Left dell’8 gennaio 2021

Leggilo subito online o con la nostra App
SCARICA LA COPIA DIGITALE

SOMMARIO