La vaccinazione in Italia e in Europa ha subito vari stop perché dipende dall’arbitrio delle case farmaceutiche. Forti di accordi capestro per l’Ue. Ma cambiare paradigma si può. Ne abbiamo parlato con il medico Vittorio Agnoletto e l’eurodeputato Marc Botenga

Con le vaccinazioni eravamo partiti bene. Dopo la Caporetto del contenimento della seconda ondata di pandemia, culminata con i quasi mille morti al giorno di inizio dicembre, l’Italia aveva intrapreso con serietà e tenacia la via della immunizzazione di massa. Come una squadra stremata dopo la sua partita più difficile, il personale sanitario consumato da un anno di lotta al Covid-19 si era rimboccato le maniche per segnare ai supplementari il gol dell’immunizzazione, quello che può chiudere il match. Ma a portare via il pallone ci hanno pensato le aziende farmaceutiche produttrici dei vaccini anti-covid approvati dall’ente regolatore europeo: l’Ema. Tra ritardi nelle forniture, clausole contrattuali sfavorevoli per i cittadini Ue e un’Unione europea, al pari degli Stati membri, colta alla sprovvista dalla strategia di fornitura di Big pharma poco calibrata sulle esigenze dettate dalla salute pubblica e molto di più sul profitto puro.

Tutte cose queste che nel caso di Pfizer hanno provocato un improvviso rallentamento della fornitura stabilito unilateralmente che in Italia ha fatto saltare in pochi giorni il piano di vaccinazione nazionale. Stessa situazione si è verificata con la farmaceutica Moderna che dovrebbe distribuire 1,3 milioni di dosi entro primo trimestre 2021 e che ha comunicato una diminuzione del 20% nella fornitura della prossima settimana. Infine c’è il caso di Astrazeneca. L’accordo con l’Italia prevede l’invio di 8 milioni di dosi nel primo trimestre ma potrebbero arrivarne il 60% in meno a causa di problemi nella «produzione della sostanza basica del vaccino». Questa è la versione del Ceo di AZ, Pascal Soriot il quale ha anche aggiunto che in parte sono stati comunque risolti. Tutto ciò avviene in una situazione di sostanziale opacità dei contratti stipulati tra farmaceutiche e Unione europea per conto dei 27 Paesi Ue.

Al momento solo quelli firmati dalla tedesca Curevac e da Astrazeneca sono stati resi pubblici. Per modo di dire. Come nella trama dei più classici film di spionaggio infatti, i documenti sono disseminati di omissis. Per tutelare segreti imposti in gran parte – a quanto pare – dalle aziende produttrici.
«Nell’accordo con Curevac sono oscurati prezzi, tabelle di consegna, responsabilità delle parti – dice a Left Marc Botenga, europarlamentare del Partito del lavoro belga, uno tra i primi che ha potuto consultarlo -. Di quello con Astrazeneca siamo riusciti a vedere qualcosa in più, perché all’inizio la…


L’inchiesta prosegue su Left del 5-11 febbraio 2021

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