Nel 1957, sessant’anni fa, la Food and Drug Administration (Fda) degli Stati Uniti d’America autorizza la vendita di un nuovo farmaco capace di contrastare i disturbi mestruali. Si tratta di una combinazione di due ormoni (un estrogeno e un progestinico) messa a punto nel 1951 da Carl Djerassi, in collaborazione con Luis Miramontes and George Rosengkranz, e sperimentata clinicamente dai medici John Rock, Celso-Ramon Garcia e Gregory Pincus nel 1954. Nulla di eccezionale. Non fosse che ben presto si scopre che, per l’effetto combinato dei due ormoni, il farmaco inibisce l’ovulazione nelle donne. Così, tre anni dopo, nel 1960, la Fda approva l’utilizzo della Combined oral contraceptive pill (Cocp), la prima pillola contraccettiva. A partire da questa data, il farmaco viene distribuito in tutto il mondo con il nome di Enovid e con effetti sociali e culturali enormi. Nota ormai semplicemente come la pillola, la COCP fornisce un contributo determinante a realizzare quella che molti considerano la più importante rivoluzione del XX secolo: la rivoluzione femminile.
Proprio per questo non è il caso di celebrare la ricorrenza fermandosi non più di tanto sui meccanismi di funzionamento, ormai ben noti, del farmaco.
Conviene invece fermarsi sui suoi effetti sociali e culturali: enormi, appunto, e, ancora oggi, niente affatto esauriti. E già perché la Cocp di Carl Djerassi, più semplicemente “la pillola”, se assunta quotidianamente da una donna, ne inibisce l’ovulazione. E, dunque, consente di evitare le gravidanze indesiderate. Inoltre costa poco, è facile da assumere, è sganciata dal rapporto sessuale e ha un’efficacia che non può essere neppure lontanamente paragonata a ogni altro precedente sistema di contraccezione. È per tutto questo che la pillola ha un immediato e clamoroso successo: nel 1961 negli Usa la assumono già 400.000 donne; che salgono 1,2 milioni nel 1962 e a oltre 3,5 milioni nel 1963.
Oggi in tutto il mondo la assumono oltre 100 milioni di donne. Tanto che, nel 2015, secondo il Global Market Insights, il mercato mondiale dei farmaci contraccettivi ha fatturato 6,1 miliardi di dollari.
Carl Djerassi, morto nel 2015, non ha mai vinto il Nobel, malgrado la pillola che ha messo a punto sia stata, insieme, causa ed effetto dei nuovi stili di vita che, a partire dagli anni 60, si sono imposti negli Stati Uniti e altrove. In realtà, l’impatto che la pillola ha avuto sulla società, non solo occidentale, è difficile da sopravvalutare. Non a caso già venti di anni fa il settimanale inglese The Economist l’ha eletta a scoperta scientifica più importante del XX secolo. Per più motivi, peraltro correlati tra loro.
Primo: la pillola ha dato un formidabile contribuito al controllo delle nascite e alla drastica riduzione del numero di figli per donna prima nei Paesi occidentali e poi in molti Paesi di tutte le altre parti del mondo. Nel 1970 in Bangladesh una donna aveva in media sette figli. Oggi, ricorda la rivista Nature in un suo recente editoriale, grazie anche a quel farmaco, una donna in quel Paese non supera in media i due figli. In breve: se la crescita della popolazione nel mondo ha rallentato il suo ritmo lo si deve anche alla pillola di Djerassi.
Secondo e, forse, ancor più importante fattore: la pillola ha disaccoppiato il sesso dalla riproduzione, fornendo un contributo ancora una volta decisivo alla “rivoluzione sessuale” scoppiata, non a caso, negli anni ’60 dello scorso secolo.
Non basta. la pillola ha contribuito anche a modificare il ruolo che ha la donna nella società e, quindi, ad accelerare la “rivoluzione femminile”, che, come abbiamo ricordato, molti considerano la più grande rivoluzione sociale del XX secolo.
La pillola, infatti, è stata uno degli strumenti principali che in maniera diretta hanno contribuito a restituire alle donne la gestione del proprio corpo, compreso il sistema riproduttivo. Ma ha svolto anche una funzione più ampia. Ha dimostrato alle donne che potevano assumere la piena gestione del proprio corpo, a partire dal proprio sistema riproduttivo.
Si è dunque imposta come una delle cause che hanno generato diversi movimenti culturali e politici per l’affermazione di nuovi diritti di cittadinanza uguali per tutti e fondati sulla libertà e la responsabilità individuale. «Il corpo è mio e lo gestisco io», è diventata l’idea su cui sono stati ricostruiti i rapporti tra medicina e società e, forse, su diritto e società.
Di recente uno studio di epidemiologia ha dimostrato che l’uso dei contraccettivi favorisce l’aumento sia l’aumento del livello medio di educazione sia il reddito delle donne tanto negli Stati Uniti quanto in Europa. Tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso, per esempio, dimostra uno studio citato da Nature, l’iscrizione all’università delle ragazze americane è risultato maggiore del 17% tra quelle che utilizzavano la pillola prima dei 18 anni.
Una simile carica dirompente non poteva non suscitare reazioni. Se per alcuni la pillola è diventata il simbolo di libertà e responsabilità individuale, per altri è diventata il simbolo stesso del male e di quel suo succedaneo che è la società multietica.
Insomma, la pillola è stata avversata da più parti. Religiose e non. La Chiesa cattolica ne è stata (e ne è ancora) una feroce avversaria. Porterà, si diceva e si dice, alla dissoluzione della famiglia e dunque della società. Non è avvenuto. Si è anche cercato di dimostrare che la pillola ha pesanti effetti collaterali sulla salute delle donne. Non è vero. Gli effetti collaterali ci sono, ma sono di scarsa entità. Molto maggiori sono i benefici. I principali riguardano, certo, la sua azione anticoncezionale: che è sicura e immediatamente reversibile. Ma ce ne sono anche altri, enumerati da Carlo Flamigni in un suo volume, Il controllo della fertilità: la regolazione del ciclo mestruale; il minor numero di cisti follicolari; il contrasto dell’endometriosi, delle infezioni pelviche, delle micropolicistosi ovariche.
Un studio di qualche anno fa, condotto per quattro decenni su 46.000 donne, ha dimostrato non solo che la pillola non fa male. Le donne che la assumono, infatti, vivono in media di più e che per loro si riducono i rischi di morire prematuramente per tutte le cause di morte, incluso cancro e malattie cardiovascolari. Insomma, pur non mancando effetti collaterali non desiderati, la pillola «fa bene». Ma il compleanno sessantesimo compleanno della pillola non può ridursi a una mera celebrazione. I problemi aperti sono molti. Intanto in molti Paesi l’accesso alla contraccezione da parte delle donne è molto difficile, se non propriamente impedito.
Ma i problemi non vengono solo dai Paesi più poveri e/o da quelli dove il protagonismo delle donne è inibito. Al contrario, nuovi problemi stanno emergendo anche lì dove la “rivoluzione femminile” è nata e si è sviluppata più rapidamente. Sempre Nature ricorda come l’amministrazione del nuovo Presidente Usa, Donald Trump, sta mettendo in discussione la possibilità di accedere ad aiuti diretti da parte di Paesi e organizzazioni che propongono la contraccezione. La proposta di budget federale, per esempio, taglia di ben 523 milioni di dollari i fondi del Dipartimento di Stato e dell’Agency for international development destinati ai servizi di contraccezione nei Paesi in via di sviluppo. Un recente rapporto Guttmacher Institute, un istituto di ricerca di Washington che si occupa di medicina della riproduzione, sostiene che gli effetti di questa politica potrebbero essere rilevanti e persino tragici. Ogni taglio di 10 milioni ai fondi per la pianificazione familiare, infatti, impedisce a 433.000 donne di assumere contraccettivi. Tra queste almeno 128.000 subiscono una gravidanza indesiderata. E tra queste, ancora, molte sono costrette a ricorrere all’aborto clandestino.
Non si tratta di uno scenario astratto. Non molti anni fa si è già verificata una situazione analoga. Un altro studio citato da Nature, relativo a quattro Paesi dell’Africa sub-sahariana, ha dimostrato che il numero di aborti è rimasto costante tra il 1994 e il 2001, per poi crescere rapidamente dopo che un altro presidente repubblicano, George W. Bush, tagliò i fondi per gli aiuti al controllo delle nascite.
Insomma, celebrando i primi sessant’anni della “pillola” e le rivoluzioni che questo farmaco ha determinato, ricordiamoci che nessuna progresso per la condizione delle donne è dato per sempre. E che ogni obiettivo va sempre, continuamente riconquistato.
(da Left del 24 giugno 2017)
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