Secondo le indicazioni di Bruxelles, la quota del Recovery fund da destinare al Sud sarebbe dovuta essere del 65% circa. Ma la ministra Carfagna ha abbassato l'asticella al 50%. Il ministro Franco parla addirittura del 34%. Mentre, si salvi chi può, c'è chi torna a parlare del ponte sullo Stretto

La Reuters ci informa che Isabel Schnabel membro del Comitato esecutivo Bce ha affermato pochi giorni che «lo stimolo alla ripresa dell’Ue potrebbe rivelarsi troppo piccolo». Aumentano quindi i dubbi sulla capacità di generare ripresa del Recovery fund soprattutto confrontandolo con la cifra, ben più alta, stanziata dagli Usa. Il Dispositivo per la ricostruzione e la resilienza Ue prevede un totale di 672,5 miliardi, di cui solo 312,5 miliardi in sovvenzioni, mentre gli Stati Uniti, nello stesso periodo, hanno deliberato un piano da 1.900 miliardi di dollari, 1.590 miliardi di euro al cambio attuale, cioè il doppio. Quello statunitense è un piano di aiuti nel vero senso della parola; 411 miliardi andranno a finanziare i 1.400 dollari al mese per ogni famiglia con un reddito fino a 75 mila dollari annui; 246 miliardi vanno ai sussidi alla disoccupazione di 300 dollari alla settimana; 360 miliardi di aiuti locali agli Stati, 176 miliardi per la scuola, 124 per nuovi test Covid, 143 miliardi di benefici fiscali destinati ai bambini.

Una serie di quei tanto vituperati “aiuti a pioggia”, così temuti dai Paesi “frugali” del Nord Europa. Altro che Sussidistan, che tante inutili polemiche ha suscitato in Italia, qui siamo, giustamente, ben oltre. Così mentre l’Unione propone piani di ripresa totalmente vincolati a quote predefinite e a riforme strutturali perennemente invocate, il dibattito fra gli Stati membri addirittura non esclude il ripristino dell’austero Patto di stabilità già dal prossimo anno. Altro che Piano Marshall. A questo scenario non incoraggiante possiamo aggiungere il documento del Gruppo dei 30 (un’organizzazione internazionale che raggruppa personalità influenti del mondo economico mondiale, in particolare ex presidenti di banche centrali, ndr) sottoscritto da Draghi, cioè la contrapposizione fra “debito buono” e “debito cattivo” e la sua ostilità al debito cattivo, già più volte manifestata e, ovviamente, in linea con le richieste Ue degli ultimi mesi, che potrebbe configurare a breve il possibile blocco del Reddito di cittadinanza, di Quota 100, il prossimo sblocco dei licenziamenti (così come richiede a gran voce Confindustria) e il taglio alle pensioni (come già la Ue ha imposto alla Spagna per accedere al Recovery).

Secondo il documento del Gruppo dei 30 le imprese saranno classificate in 5 categorie: le zombie…


L’articolo prosegue su Left del 26 marzo – 1 aprile 2021

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