La differenza è tra la difesa legittima e la vendetta ed è su quel crinale che si misura la maturità di una democrazia. La retorica di Salvini e della Lega è da sempre quella del tifo organizzato, una posizione fideistica che ogni volta, tutte le volte, produce come riflesso incondizionato la difesa dell'uccisore

Provando a volare per qualche minuto un po’ più alti del letamaio giuridico, morale e politico che si sta riversando sul cadavere di Youns El Boussetaoui si potrebbe una volta per tutte ribadire un concetto che l’ignoranza e la propaganda sta offuscando da anni, in nome di una rincorsa alle armi e alla violenza come unici ingredienti di una sicurezza davvero sicura: no, la difesa non è sempre legittima. Se negli ultimi anni sono fioccati assessori alla sicurezza in giro, non solo nelle giunte di destra, significa che l’idea stessa di sicurezza è stata regalata alla più ignorante propaganda anche dalla fiacchezza di chi avrebbe dovuto proteggerne il senso.

La retorica di Salvini e della Lega è da sempre quella del tifo organizzato, una posizione fideistica che ogni volta, tutte le volte, produce come riflesso incondizionato la difesa dell’uccisore. Va trattata per quello che è: una “bambinesca” presa di posizione per rassicurare i propri elettori con una visione semplicistica del mondo diviso in bianco e nero, buoni e cattivi, italiani e stranieri, settentrionali e terroni. Recuperare il gusto per la complessità e la capacità di farne uno strumento politico per leggere la realtà è il primo passo per rimettere Salvini al suo posto, lì nel cassetto dei cretini provocatori. Non è un caso che quando il 28 novembre del 2018 Fredy Pacini, un gommista di Arezzo che sparò a due rapinatori moldavi uccidendone uno, Salvini cavalcò l’onda per mettere mano alla legge sulla legittima difesa (con l’aiuto del Movimento 5 Stelle e di Giuseppe Conte, perché le cose vanno ricordate per bene) e la frase migliore la disse proprio il gommista alla fine dell’iter processuale che lo vide prosciolto: «Aveva 29 anni, non volevo ucciderlo. Non potrà più accadermi una cosa simile perché non avrò mai più una pistola e quella che avevo non voglio più vederla in vita mia». La legittima difesa è già prevista nel nostro ordinamento e spesso proscioglie gli autori riconoscendone lo stato di pericolo e il turbamento. Non è vero, come ciancia Salvini, che non esista nessun tipo di impunità. I processi non sono una condanna e, come scrive il presidente di Antigone Patrizio Gonnella, «la verità processuale si conquista lentamente, con fatica, con il rispetto delle garanzie degli imputati, affidandosi a un complesso apparato probatorio. Ogni difesa d’ufficio è inappropriata e irriguardosa della norma predetta, così come lo sarebbe stata una tesi colpevolista indimostrata».

La differenza è tra la difesa legittima e la vendetta ed è su quel crinale che si misura la maturità di una democrazia. Per questo pensare che uomini delle istituzioni come certi ceffi di destra giochino con la vendetta li rende di fatto mandanti morali di ogni violenza eccessiva. Loro si offendano, si offendano pure. Vale la pena ricordare che nei Paesi di tutto il mondo regolati da leggi democratiche la difesa non è sempre legittima: c’è scritto nei codici e nelle costituzioni. Tocca citare ancora Gonnella quando dice che «il refrain che la difesa è sempre legittima non tiene conto del principio, costituzionalmente avallato, secondo cui mai può valere quale causa di giustificazione per proteggere un bene di rilievo inferiore. Per chiarirci non si può mai privare una persona della vita per evitare la sottrazione di un bene di proprietà. Non c’è formulazione legislativa che possa mai legittimare la negazione del principio di proporzionalità, che a sua volta è strettamente connesso con quello di legalità penale in senso stretto».

Per questo le figure di sindaci o ministri dell’interno che si trasformano in sceriffi (nelle parole o nelle azioni o nelle intenzioni) sono una stortura della democrazia: la sicurezza si garantisce dando reddito e lavoro, offrendo i servizi essenziali, offrendo protezione e cure alle categorie più vulnerabili, costruendo una città in cui ognuno con dedizione e onore stia nel proprio ruolo (il sindaco fa il sindaco, la polizia locale si occupa di mobilità, gli assessori contribuiscono all’amministrazione della città e solo le forze dell’ordine si occupano dell’ordine pubblico).

È un campo che è stato completamente abbandonato dalla politica, anche da quella considerata lontana dalla destra, che ha lasciato spazio libero alla destra per costruire la propria propaganda. Ci sono responsabilità da tutte le parti se oggi siamo arrivati a vivere e ad ascoltare prodromi del fascismo scambiandoli per dibattito politico.
Buon venerdì.

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.