Secondo il Rapporto sulla libertà di pensiero, il nostro Paese è al 40esimo posto in Europa su 44. Pesano i sistematici privilegi su base religiosa a tutti i livelli: dall’istruzione, al prelievo fiscale, dai servizi sociali affidati a gruppi religiosi, alla piaga dell’obiezione di coscienza

Il Rapporto sulla libertà di pensiero di Humanists international, giunto alla decima edizione, è uno strumento che dal 2012 permette di valutare tutti i Paesi del mondo in base al trattamento che riservano alle persone non religiose e ai diritti che vengono loro negati.

Il quadro che emerge, come è evidenziato nell’inchiesta di Leonardo Filippi e Federico Tulli a pagina 16, è tragico. In 144 Paesi gli umanisti, intesi come atei, agnostici e in generale persone non religiose, vengono discriminati. Sono costretti a subire la religione di Stato (in 39 casi), leggi basate sul diritto religioso (35), governanti che incitano all’odio contro di loro (12), sentenze emesse da tribunali religiosi (19), il divieto di ricoprire incarichi pubblici (26), l’obbligatorietà dell’istruzione religiosa a scuola (33). E sono incarcerati, torturati e condannati a morte. Può capitare per blasfemia, nei 6 Paesi che la ritengono meritevole della pena capitale su 84 in cui è ufficialmente punita. Oppure per apostasia, negli 10 Paesi in cui può portare al patibolo su 15 in cui è reato.

Il Rapporto stila la classifica dei 12 Paesi in cui dichiararsi atei comporta la pena di morte: Afghanistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Malesia, Maldive, Mauritania, Nigeria, Pakistan, Qatar, Somalia e Yemen. Due di questi probabilmente catturano maggiormente la nostra attenzione. Il primo è…

* L’autore: Roberto Grendene è segretario nazionale della Uaar-Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti


L’articolo prosegue su Left del 24 dicembre 2021, che resterà in edicola fino al 6 gennaio 2022

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