Nemmeno la crisi energetica accelerata dall’invasione russa dell’Ucraina ha spinto il governo Draghi a varare un piano di lungo periodo che preveda la definitiva rottura del nostro legame con il gas di Mosca

La guerra in Ucraina fa apparire quasi senza senso il continuare a ragionare sulle scelte energetiche del nostro Paese, più in generale dell’Europa. Confesso la mia fatica a scrivere in questi giorni, il pensiero corre subito alle bombe e alle armi, la cui produzione e uso nessuno è mai riuscito a fermare. Per chi come me è cresciuto con la certezza che l’articolo 11 della nostra Costituzione, quello che recita che l’Italia ripudia la guerra, fosse una scelta non derogabile, non può non vivere l’ennesima guerra come una sconfitta e quindi chiedersi a cosa serva denunciare l’insensatezza delle scelte energetiche dell’Europa su fonti fossili e nucleare.

Invece è bene parlarne, perché c’è una relazione fra questa guerra e l’errore appena fatto di prolungare la vita a gas, carbone e nucleare. Se si decide di continuare ad alimentare col metano e col nucleare il sistema energetico europeo, dal quale sappiamo dipendono benessere e tenore di vita delle sue popolazioni, è evidente che fra i tanti motivi che sono alla base di questa guerra c’è anche il controllo di quegli immensi giacimenti di materie prime, gas in particolare, che la Russia possiede.

Il riemergere della guerra nel cuore dell’Europa svela non solo l’orrore per la tragedia umana che si sta consumando, ma anche il caparbio rifiuto dell’Europa di dotarsi di un nuovo modello energetico rinnovabile e liberarsi dalla dipendenza dalle forniture della Russia. Ancora di più chiama in causa le scelte del governo italiano e il suo costante rifiuto di procurarsi l’energia che gli serve sfruttando il patrimonio di sole e vento a disposizione.
Decisamente azzeccato quindi lo slogan delle numerose manifestazioni, convocate dal vasto schieramento associativo del 12 febbraio scorso: “A tutto gas, ma nella direzione sbagliata”.
A chi crede che le cose non stiano così e si lascia abbindolare dalle timide dichiarazioni a favore delle rinnovabili dei vari ministri e dello stesso presidente Draghi, si consiglia di dare un’occhiata alle decisioni appena prese dall’esecutivo per la Sardegna. È credibile che si vogliano le rinnovabili se per un’isola baciata dal sole e spazzolata dal vento, il primo obiettivo che si pone è continuare a bruciare carbone in attesa di rigassificatori collocati su navi per poterla metanizzare? Si pensa così di riparare a un torto storico perché la Sardegna fu la grande esclusa dalla infrastrutturazione a gas del Paese? “Il metano ti da una mano” era lo slogan che accompagnò allora la costruzione della rete che lo distribuì in tutte le case. Fu una grande operazione energetica e culturale e forse proprio per questo c’è oggi tanta resistenza a capire che…


L’articolo prosegue su Left del 4-10 marzo 2022 

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