Dalla Grecia fino ad Heidegger e oltre, la tradizione filosofica e culturale ha sempre annullato la realtà umana non cosciente. Come ricostruisce Elisabetta Amalfitano nel suo nuovo saggio “Controstoria della ragione”

«Parole grandi come “progresso” e “felicità”, invece di essere segni di un’evidente laicizzazione, finiscono per acquisire un alone di sacralità e intangibilità. In nome del progresso e della felicità si può fare qualsiasi cosa (anche le guerre e mandare a morire altri esseri umani). La storia degli uomini diviene una corsa inesorabile verso il successo in una visione ottimistica che poco si distanzia dall’antica provvidenza cristiana. Là dove prima si faceva la volontà di dio, adesso si fa la volontà della ragione».

Con queste parole Elisabetta Amalfitano, autrice del bellissimo saggio Controstoria della ragione. Il grande inganno del pensiero occidentale, di prossima uscita (il 18 marzo) per l’Asino d’oro edizioni, riflette su uno dei tanti nodi irrisolti che la storia del logos ci consegna. Con una scrittura agile, e nello stesso tempo intensa, l’autrice dipana gli innumerevoli fili che si sono intrecciati nel corso della millenaria storia della ragione, assunta a protagonista quasi personificata dell’intero orizzonte culturale e materiale dell’Occidente. Come fosse un film che scorre sotto i nostri occhi, il piano delle idee (dal naturalismo dei primi filosofi al razionalismo platonico o illuminista, dal geometrismo seicentesco all’esistenzialismo o all’idealismo tedesco, solo per fare alcuni esempi) è costantemente calato, “combinato”, immerso nel piano dei fatti; dei piccoli e dei grandi fatti della storia.

L’idea centrale di questo lavoro riposa nell’intenzione di mostrare il sostanziale fallimento dell’intera tradizione filosofica dell’Occidente riguardo alla conoscenza e all’identità dell’essere umano, concepito dai primi filosofi della Grecia classica fino ad arrivare alle ultime propaggini del pensiero post-moderno novecentesco, come un essere scisso, spaccato a metà da un fossato che divide il bene dal male, l’essere dal non-essere, l’umano (il pensiero razionale) dall’animale o dal pazzo. Questo fondo oscuro, in cui si impastano sensazioni e immagini, angosce e passioni, è impossibile da comprendere dalla logica della ragione, la quale, nel momento stesso in cui lo nomina o lo considera esistente, lo fa inorridendo e leva scudi crociati a difesa di se stessa; quasi fosse, sembra suggerire l’autrice, facendo propria la ricerca e la teoria di Massimo Fagioli sul pensiero non cosciente, il frutto di una percezione delirante nei confronti di se stessi, del proprio mondo interiore che una volta riconosciuto nella donna, nello straniero, nel bambino, fa della donna, dello straniero, del bambino i primi nemici del logos occidentale. Ed è questo il senso del titolo di questo volume; come scrive l’autrice nell’Introduzione: «… via via che la storia prendeva corpo … mi sono resa conto che, più che di una storia, si trattava di una “controstoria”, di un racconto al contrario, perché protagonista del libro, ma soprattutto della prossima storia, sarà e…


L’articolo prosegue su Left dell’11-17 marzo 2022 

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