Il crescente isolamento degli intellettuali e delle nuove generazioni. Le sanzioni che ricadono sul ceto medio, quello più contrario alla guerra, mentre gli oligarchi si tengono soldi e potere. Il racconto della regista russa: «Ci salverà la bellezza. Ovvero l’arte e la cultura»

Diana Belova, nata a San Pietroburgo, è una regista, sceneggiatrice e produttrice cinematografica, nonché autrice di studi sulla storia del cinema, come ad esempio il saggio Evolution of female image in Italian cinema, (Aletea, San Pietroburgo, 2018).
Il suo film Spaced del 2019, è costruito intorno a una metafora della responsabilità individuale vissuta dalla protagonista come intervento di forze extraterrestri che la costringono a fare cose eccentriche. In Arriving now del 2021 i pregiudizi sono il tema centrale di una storia intrisa di sarcasmo, ma che reclama al contempo allo spettatore un’empatia superiore – un vero e proprio corto circuito di stereotipi sulle culture, le nazioni e l’identità di genere. Quest’ultimo cortometraggio risulta particolarmente attuale nella tragica contingenza odierna.

Dicci qualcosa di più su di te e il tuo percorso umano e professionale.
Ho amato l’arte e ho dipinto fin da bambina. Dopo il liceo artistico, ho studiato alla Facoltà di psicologia a San Pietroburgo dove mi sono laureata nel 2009. Quindi ho intrapreso e concluso, nel 2012, il master in critica dell’arte e storia del cinema alla Facoltà delle libere arti e delle scienze, un programma congiunto russo-americano con il Bard College di New York. Dal 2012 ho lavorato come attrice, sceneggiatrice, e moltissimo come aiuto-regista.

In che modo il problema del dialogo con l’Europa e le questioni sociali e politiche si sono manifestate nel tuo cammino personale e nella tua opera creativa?
Dal 2019 ho deciso di realizzare il mio cinema indipendente, costruito intorno al tema degli stereotipi e dei pregiudizi. La guerra, oltre alle molteplici tragedie che causa, ha anche il potere di appiattire il mondo, di polarizzarlo in culture amiche e nemiche, nell’idea di “proprio” e “altrui”. In un clima di pace, anche quello recente, sarebbe dovuto essere più facile spiegare cosa succede nella società russa e di come il dialogo con l’Europa necessitasse e necessiti di un’analisi più profonda e di un livello superiore di responsabilità individuale e collettiva. Nel mondo dei dissidenti russi, accanto ad autentici eroi, esiste anche una parte di autori e registi che ha avuto in questi anni la responsabilità negativa di raccontare la società russa in termini fin troppo stereotipati, gettandovi sopra a piene mani le tinte del patriarcato, del maschilismo, dell’arretratezza, e ricevendo anche lauti finanziamenti da parte di produttori e venditori in Europa. Ciò ha contribuito a creare un’incapacità reciproca di ascolto fra la maggior parte degli europei e la gente comune in Russia. Oggi invece abbiamo d’improvviso bisogno di una grande e reciproca empatia, per non confondere i politici e i militari russi con il popolo russo, e la vera priorità al momento deve essere quella di conservare ogni possibile strada di…


L’articolo prosegue su Left del 18-24 marzo 2022 

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