Ammiccare alle insistenti richieste di Zelensky di una No-fly zone, ove il primo aereo abbattuto segnerebbe l’espansione della guerra, non è solidarietà ma sconsideratezza. L’aiuto al popolo ucraino si realizza con la negoziazione della fine immediata del conflitto

Dobbiamo partire dalle sofferenze di un popolo che si è visto da un giorno all’altro invaso e bombardato da una potenza straniera. Guai a noi se minimizzassimo il dramma di migliaia di profughi, di un imprecisato numero di vittime civili. Restiamo umani, diceva Vittorio Arrigoni. È il momento di riflettere sulla misura della nostra umanità, ma superando una pur giustificata emotività e giudicando il dramma che si sta compiendo con la ragione della solidarietà e dell’intelligenza. Una ragione che tanto dobbiamo mettere a valore per l’Ucraina quanto non sempre è stata messa a valore in passato: in Libia, in Iraq, in Afghanistan, a Belgrado. È frutto della ragione mettere al primo posto i diritti umani, a cominciare dal diritto alla vita, ma è sonno della ragione immaginare una umanità in gerarchia, ove i diritti umani di alcuni valgono meno dei diritti umani di altri.

L’invasione, che non ci stancheremo mai di condannare, sta avendo ripercussioni violentissime nel dibattito pubblico: la quasi totalità dei media e della politica sembra aver rinunciato sia ad una analisi razionale di questa guerra, dei suoi prodromi e dei suoi scenari, sia ad una visione che conduca alla cessazione più rapida possibile delle ostilità e a una composizione del conflitto attraverso l’unico modo possibile, e cioè il negoziato e la trattativa. In questo deforme dibattito non c’è altro orizzonte mediatico e politico oltre quello delle armi, contestuale al susseguirsi di azioni e controreazioni, di occhio per occhio, che possono portare ad un allargamento del conflitto o, peggio, a una conflagrazione mondiale. Nonostante tutto, però, gli unici sondaggi a disposizione danno la maggioranza degli italiani per una composizione pacifica e contro l’invio di armi in Ucraina. La prima cosa da fare perciò è provare a sanificare questo dibattito espellendo dal lessico quotidiano la categoria delle accuse reciproche, della demonizzazione e della caricatura delle posizioni dell’altro e cercando sempre di cogliere il nocciolo di ragione che c’è in tutte le posizioni.
C’è già una larga opinione pubblica che desidera una composizione pacifica e urgente del conflitto. C’è poi un grande movimento per la pace, che è emerso dal suo consueto scorrere carsico e si è presentato nelle piazze di tutta l’Italia con centinaia di migliaia di persone. Si sono espresse nella stessa direzione singole personalità autorevoli del mondo della diplomazia, della cultura, della comunicazione. E l’Anpi c’è ovviamente, dentro la sua lunga storia di associazione che…

L’autore: Gianfranco Pagliarulo è presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) 

L’immagine è un particolare di un’illustrazione di Carolina Calabresi per Left


L’articolo prosegue su Left del 18-24 marzo 2022 

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