Nei sistemi d’istruzione europei, l’orientamento è uno dei metodi più diffusi per prevenire e contrastare l’abbandono precoce degli studi. Infatti, l’abbandono è spesso legato alle difficoltà riscontrate, soprattutto dagli studenti più svantaggiati, nelle transizioni tra cicli scolastici e nella gestione delle scelte riguardanti il proprio futuro. Proprio su questo intervengono le misure di orientamento.
Di recente, il tema ha acquisito nuova centralità per due ragioni: da un lato, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha previsto un investimento complessivo di 250 milioni di euro in questo settore; dall’altro, le recenti proteste organizzate dai movimenti studenteschi hanno messo in discussione l’alternanza scuola-lavoro (dal 2019 rinominata Pcto, Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) che è tra i principali strumenti di orientamento presenti nella scuola italiana.
In questo articolo indaghiamo gli aspetti principali del fenomeno e illustriamo le possibili strategie di riforma, alla luce dei risultati di una ricerca realizzata da Percorsi di secondo welfare su incarico di ActionAid Italia dal titolo Contrastare le disuguaglianze educative: partecipazione studentesca e orientamento scolastico. Per prima cosa, cerchiamo di capire meglio cos’è l’orientamento e come funziona il sistema nella pratica.
Orientamento: di cosa parliamo?
Nelle sue formulazioni più recenti a livello europeo, l’orientamento è stato definito come un processo formativo grazie al quale gli studenti acquisiscono conoscenze e competenze necessarie ad affrontare in autonomia le scelte relative alla propria carriera formativa e lavorativa. Questo processo prevede lo sviluppo di una riflessione sulle proprie aspirazioni e sui propri interessi personali utile a individuare degli obiettivi formativi e/o professionali e ad acquisire gli strumenti necessari a raggiungerli. Mentre l’idea più …
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