Dagli anni 70 fu la meta dei più grandi jazzisti, da Chet Baker a Bill Evans. «Era come una università con i migliori professori al mondo», racconta il pianista, autore delle musiche del film sullo storico club romano, per la regia di Carola De Scipio

“Il jazz ha bisogno di Music Inn” titolava un articolo di Renato Nicolini apparso su l’Unità il 12 aprile 1990. E oggi sembra volerlo riaffermare Carola De Scipio con il suo docufilm Music Inn, arriva il jazz a Roma che sarà proiettato in prima assoluta alla Casa del jazz il 5 giugno (ore 11). La narrazione è su più livelli, in primo piano c’è il locale, una sorta di cantina in Largo dei Fiorentini a Roma, sul Lungotevere, destinata a diventare fino agli anni 90 il luogo per eccellenza del jazz in Italia agli occhi del mondo. Il club fu creato agli inizi degli anni 70 e gestito dal principe Giuseppe “Pepito” Pignatelli D’Aragona Cortés, batterista, e da sua moglie Maria Giulia Gallarati Scotti, detta “Picchi”. La coppia finanziò senza riserve questa loro creatura, con la vendita dei propri beni, e si prodigò con passione a tessere una rete di rapporti che consentì un modo nuovo, diverso, di vivere la musica tra musicisti e con il pubblico. Alcuni musicisti vissero all’interno del club per mesi, come Chet Baker e Tony Scott, molti erano di casa, come Massimo Urbani, Enrico Pieranunzi e tanti altri. A causa della grande affluenza di pubblico e date le piccole dimensioni del locale, gli spettacoli spesso venivano replicati e molti concerti venivano trasmessi in diretta radiofonica o registrati, per la televisione, dalla Rai.
Incontriamo il pianista e compositore Enrico Pieranunzi, autore della colonna sonora del film.

Enrico Pieranunzi parlaci del tuo rapporto con la regista. Come si è articolato il vostro lavoro?
Conosco Carola De Scipio dalla fine degli anni 90, dai tempi della stesura del suo bel libro su Massimo Urbani per il quale usò lo stesso modo di procedere utilizzato per il film: ha fatto raccontare i musicisti. Ho apprezzato molto questo suo metodo, intelligente e anche originale. Circa cinque anni fa Carola mi ha contattato per il film, insieme a tanti altri musicisti, e fin da principio sembrava avere un’idea chiara, ben precisa, che non ha mai messo in discussione, pur procedendo in seguito per espansione. Carola ha messo le mani nel passato remoto, mi ha chiesto molte cose e spesso le ho dato un mio contributo, al di là delle domande. Mi ha spinto involontariamente con delle pretese ed io, stimandola molto, perché ha dimostrato di essere una donna coraggiosa ed onesta, non mi sono tirato indietro. Il nostro rapporto è quindi cresciuto nel tempo, ogni tanto mi chiedeva della musica ed io le portavo dei miei dischi oppure ho cercato foto di quell’epoca che potesse utilizzare. Stiamo parlando di…

L’intervista prosegue su Left del 27 maggio 2022 

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