La causa principale della crisi alimentare globale che incombe non è il blocco dell’export dei cereali dall’Ucraina. Il vero problema è l’impennata dei prezzi provocata dalle speculazioni di chi lucra sulla durata del conflitto

Esiste una narrazione ormai assai diffusa secondo cui vaste parti del mondo rischiano una durissima crisi alimentare dovuta al conflitto in Ucraina e al blocco dei porti sul Mar Nero. In realtà, la causa principale di questa grave crisi, già iniziata ben prima del conflitto, è rintracciabile nella colossale speculazione finanziaria che colpisce tutte le materie prime e le commodities. I numeri parlano chiaro in tal senso. La produzione mondiale di cereali è pari a poco meno di 2.800 milioni di tonnellate annue, di cui quasi mille sono prodotte da Cina e Stati Uniti. Le tonnellate bloccate nei porti ucraini non arrivano a 25 milioni. Dunque il tema non è la quantità di cereali ma il prezzo; la Fao stima che ogni aumento di prezzo dell’1% provoca 10 milioni in più di affamati. Negli ultimi mesi i prezzi dei cereali sono cresciuti, in media, del 60%, con conseguenze devastanti. Ma da cosa dipende questo aumento? Per oltre i 4/5 dalle scommesse al rialzo fatte dagli speculatori che comprano i derivati finanziari sul grano e puntano sull’aumento dei prezzi non per la carenza “fisica” di cereali ma in base alle aspettative di una possibile, futura diminuzione dell’offerta, alimentata ora dal conflitto ucraino. Forse sarebbe utile ricordare a riguardo che, in buona misura per effetto degli accordi in sede Wto, la principale esportatrice di grano nel mondo è, da anni, l’Unione europea, seguita da Russia, Stati Uniti, Canada e Australia; tali esportazioni, peraltro, non si indirizzano a tutto il mondo “povero”, ma ad alcune realtà, consumatrici di grano, come l’Egitto, l’Algeria, la Nigeria, nel continente africano, poi l’Indonesia, il Brasile e il Messico.

Non sono quindi le produzioni dell’Ucraina a generare la crisi alimentare, che potrebbe essere superata, in termini quantitativi, con l’intervento di Unione europea e Stati Uniti, a cui non mancano le capacità produttive, spesso inutilizzate proprio per tenere alti i prezzi che ora sono drogati dalla finanziarizzazione. Non bisogna trascurare neppure il fatto che la Russia sta continuando ad esportare cereali verso varie parti del mondo non utilizzando i porti del Mar Nero. Il vero problema è, invece, come già ricordato, l’aumento del prezzo dei cereali che è alimentato dalla speculazione finanziaria, prontissima a utilizzare proprio le notizie sulla carenza di cereali.

Se in sede Wto si decidesse di eliminare tali meccanismi, raffreddando i prezzi, e si provvedesse a rifornire le realtà ora in difficoltà, l’approvvigionamento delle zone dipendenti dai cereali sarebbe…

 

* L’autore: Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea, di Storia del movimento operaio e sindacale e di Storia sociale presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. È autore di numerose pubblicazioni e articoli sulle tematiche della storia economica e dell’economia

L’intervista prosegue su Left del 10 giugno 2022 

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