Il climate change, non governato, provoca tensioni e conflitti per accaparrarsi le risorse che stanno sparendo. Mentre la distruzione provocata dalle guerre, a sua volta, genera inquinamento e degrado naturale. È un circolo vizioso che va rotto, una volta per tutte

Ormai l’abbiamo capito: la crisi climatica – come ogni forma di degrado ambientale – causa e accelera i conflitti. La sparizione e dislocazione di servizi basilari dell’ecosistema, come la pioggia o la fertilità, ovviamente apre la strada ai litigi. Inoltre, molto peggio, il fatto che le risorse naturali in un clima impazzito non giungono più secondo cicli, ritmi e sequenze prevedibili disorganizza le economie e le società, le rende fragili soprattutto quando sono già fragili per altri motivi storici o istituzionali.

È ovvio: un clima che accumula ogni giorno l’energia equivalente all’esplosione di più di 400mila bombe di Hiroshima per effetto serra si comporta in modo caotico, disordinato e imprevedibile; come fa, allora, l’agricoltore a decidere quando seminare se non ha più nessuna certezza sull’andamento delle temperature o su quando arriverà la pioggia? E non è solo un problema per remote regioni rurali: come fa il gestore dell’acquedotto di Torino a pianificare la distribuzione d’acqua se non ha più alcuna certezza sull’innevamento delle Alpi? Tutto questo disorganizza i cicli produttivi, apre competizioni e nei casi peggiori conflitti costringe le persone a migrare in massa.

Quindi, effetto serra = effetto guerra. Ma l’uguaglianza – lo impariamo in aritmetica alle elementari – è una relazione biunivoca, vale nei due sensi poiché ovviamente il conflitto a sua volta distrugge l’ecosistema. Ovviamente… ma anche ben oltre l’ovvietà. Banalmente, anzitutto, l’uso delle armi moderne e la distruzione che esse creano provocano direttamente e indirettamente un’enormità di emissioni di CO2 e molte altre forme di degrado naturale e inquinamento.

Inoltre – un po’ meno banale ma sempre una conseguenza di superficie – il conflitto frammenta quell’unità fra Stati e popoli che oggi è essenziale per scongiurare tutti assieme il rischio di oltrepassare alcune soglie di non ritorno oltre le quali il sistema naturale collassa, forse al punto da non poter più sostenere il genere umano. Sono soglie molto vicine ed è ora o mai più, se non cooperiamo tutti è la fine per tutti: bell’idea, allora, farsi la guerra proprio adesso.
E c’è di più: i…

*L’autore: Grammenos Mastrojeni insegna Ambiente e geostrategia in vari atenei e si dedica da oltre vent’anni al tema dei cambiamenti climatici. Già coordinatore per l’ambiente della Cooperazione allo sviluppo, dal 2019 è segretario generale aggiunto dell’Unione per il Mediterraneo, con sede a Barcellona. Con il fisico Antonello Pasini ha pubblicato Effetto serra, effetto guerra (Chiarelettere).

L’articolo prosegue su Left dell’8-14 luglio 2022 

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