Ex magistrato, già sindaco di Napoli, Luigi de Magistris chi glielo ha fatto fare di metterci la faccia, di correre alle elezioni del 25 settembre con l’Unione popolare, nuova formazione di sinistra che sta raccogliendo le firme sotto l’ombrellone? Cosa ha fatto scattare la motivazione nonostante la corsa contro il tempo?
Io sono molto motivato anche se il progetto politico al quale stavamo lavorando, ovviamente, guardava alle elezioni della primavera. Con la caduta del governo Draghi c’è stata questa accelerazione estiva con raccolta di firme a 40 gradi, mentre il personale pubblico al quale dobbiamo chiedere i certificati è in ferie. E’ una corsa ad ostacoli. Ma è anche qualcosa di molto più grosso. C’è una forte motivazione perché siamo l’unica proposta alternativa alle destre.
Rispetto all’accordo Letta-Calenda?
Rispetto a quel patto assistiamo a un quadretto tragicomico da saltimbanchi della politica. Vediamo presunti leader di partito che saltellano da una parte all’altra non per costruire programmi nell’interesse del popolo italiano ma per trovare le poltrone a loro più confacenti.
In cosa si distingue la vostra Unione popolare (che evoca La nuova unione popolare di Mélenchon in Francia) e che riunisce Potere al Popolo, Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, il gruppo parlamentare ManifestA e personalità di spicco della realtà intellettuale?
Questa è l’unica proposta fin dall’origine pacifista. Fin dal primo momento siamo stati su questo fronte. E’ una proposta ambientalista, costituzionalmente orientata, per la giustizia sociale. E’ sostanziata da percorsi e da persone credibili. C’è la mia storia di garanzia nella lotta alle mafie, di lotta alle corruzioni (di cui nel Paese non si parla più). Dietro all’Unione popolare c’è una squadra di storie individuali e collettive. Ed è l’unica notizia, mentre sui media domina la sceneggiata degli uni apparentemente contro gli altri, mentre sono tutti quanti insieme come ministri del governo Draghi.
Nel patto Letta-Calenda, che va da Fratoianni di Sinistra italiana a Gelmini, ex ministra di Forza Italia, ora passata ad Azione, indubbiamente qualche contraddizione c’è. Fratoianni si è battuto per la scuola pubblica, Gelmini ha tagliato i fondi alla scuola e sostiene l’autonomia differenziata. Come possono stare insieme?
Da tempo stavano lavorando a un grande centro. Lo scenario è chiaro: da una parte le destre (più che centrodestra direi destra con un pizzico di centro, con Meloni, Salvini e quel che rimane di Forza Italia di Berlusconi), dall’altra un grande centro. Vedo che i giornalisti nei pastoni continuano a chiamarlo “sinistra”, “centrosinistra”. Ma ormai è definitiva la collocazione al centro di Letta, principale azionista del governo Draghi, protagonista del fronte bellicista, regista del grande centro che va da Mastella a Gelmini, Carfagna, Brunetta Calenda, Di Maio, Renzi, Fratoianni Bonelli. Ribadisco: rispetto a questo grande centro l’unica opzione nuova siamo noi.
In che modo?
Avevamo proposto di formare un terzo polo. Se Fratoianni avesse ascoltato la base del suo partito, che si è espressa in modo chiaro in proposito, se Conte avesse davvero voluto rompere con Draghi… ma forse il suo è stato un riposizionamento, una furberia, non so. Il suo silenzio mi fa pensare che non guardi alla costruzione di un campo in cui finalmente si possa realizzare ciò che il M5s ha detto ma evidentemente non vuole realizzare: acqua pubblica, no agli inceneritori…
Quella di Conte dal suo punto di vista è solo una politica degli annunci?
Parliamoci chiaro, io credo che gli italiani debbano cominciare a valutare chi le cose le ha fatte e chi le dice ma non le ha realizzate. Tornando alla sua domanda, chi glielo ha fatto fare di metterci la faccia: porto l’esperienza di chi ha fatto l’acqua pubblica, di chi non ha privatizzato un servizio di rilevanza istituzionale, di chi ha realizzato politiche dei beni comuni, di chi si è speso per la democrazia partecipativa, di chi ha buttato fuori la camorra e i politicanti dal palazzo. Il silenzio di Conte lo interpretiamo come una non volontà di venire su un campo alternativo di rottura rispetto al sistema. Questo fin qui. Poi le cose in politica possono cambiare, fino all’ultimo minuto.
Cosa risponde a chi accusa la sinistra radicale di nihilismo? C’è il rischio concreto che la destra meno presentabile vinca le elezioni. Dopo cinque anni di loro governo cambiare le cose sarebbe difficile tornare indietro. Potrebbero cambiare la Costituzione in senso presidenzialista. Rischiamo che l’Italia diventi come l’Ungheria di Orban?
Questa argomentazione non regge più, Il Pd è già al governo con la destra. Non è credibile il segretario Letta quando dice non dobbiamo andare con Salvini e con Berlusconi, mentre fa parte di un governo con ministri che sono espressione proprio di quella parte. Questo è il primo fatto. Il secondo- e non mi fa per nulla piacere dirlo – è che le peggiori riforme negli ultimi anni le ha fatte il centrosinistra: dalla cancellazione dell’articolo 18, al Jobs act di Renzi, ad alcune controriforme costituzionali, per non dire del progetto di autonomia differenziata. Ci troviamo di fronte ad una totale inaffidabilità democratica dei partiti di centro al governo.
Resta la questione del voto utile contro la destra destra.
E’ inutile agitare lo spauracchio della destra quando ci sei pappa e ciccia ogni giorno. Addirittura Letta è andato a fare il dibattito con la Meloni dove si sono scambiati fiori e carezze. Ora Letta mi viene a dire tutti contro le destre? Suvvia, oggi dobbiamo costruire proposte credibili, portare proposte ambientaliste, di sinistra, basate sulla Costituzione, questo è il tema. Io penso che una volta entrati in Parlamento con la forza della nostra proposta potremmo essere determinanti. Anche perché la destra non ha un numero di voti tale da essere autosufficiente.
Fin qui la pars destruens ma quali sono le vostre proposte riguardo all’agenda sociale? Parlate di giustizia ambientale legata a sociale, in che modo? Vogliamo essere coraggiosi, visionari, lei dice. E allora come immagina l’Italia da qui a trent’anni? Quali politiche per esempio per i giovani?
I segnali immediati che bisogna dare da subito sono sul tema economico, sociale, dei giovani e dell’ambiente. In primis, banalmente, bisogna contrastare le povertà, penso a un reddito domestico a quello di cittadinanza per chi è senza introiti. Questo però non deve essere un alibi per non attivare politiche per il lavoro. Il nostro obiettivo è crearlo. Perché solo con il lavoro c’è emancipazione. Il secondo segnale netto e immediato da dare è il varo del salario minimo. E’ necessario un adeguamento del potere di acquisto delle famiglie al costo della vita. Gli stipendi, pensioni o salari che siano, devono essere adeguati al caro vita. Per trovare le risorse necessarie dobbiamo tassare le grandi rendite finanziarie, quelle degli oligarchi e gli extra profitti delle multinazionali.
Basta?
No. Dobbiamo pensare a un nuovo modo di essere sinistra, non parlando solo ai dipendenti pubblici e agli operai ma anche al vasto mondo dei professionisti, delle partite Iva, dei lavoratori autonomi. Dobbiamo pensare anche alle piccole e medie imprese. Vanno sostenute. Meno burocrazia e più incentivi se creano lavoro e rigenerazione urbana, riqualificazione. Poi c’è il tema importantissimo della giustizia ambientale, a cui lei accennava: noi siamo in condizione – come dimostra la mia esperienza a Napoli – di risolvere l’emergenza rifiuti senza fare nuovi inceneritori. Dobbiamo sottrarre i beni comuni a chi li sfrutta per fare profitto privato. L’energia, l’acqua, le foreste, i mari sono una straordinaria ricchezza del nostro Paese, è un patrimonio enorme che deve essere e restare pubblico.
Quanto alle rinnovabili e alla non più rinviabile transizione ecologica?
Dobbiamo dire no all’implementazione del fossile, al nucleare, agli inceneritori. La vera politica ambientalista non emerge dall’accordo con Brunetta, Calenda e gli altri. Emerge dal dire no alle loro politiche, dicendo sì all’economia circolare, all’autosufficienza energetica, all’implementazione del solare, dell’eolico, del geotermico, di tutte le fonti non inquinanti. Questo solo per citare solo alcune priorità, ovviamente il programma è molto più ampio. Ma mi permetta di dire solo una cosa in più riguardo ai giovani.
Prego…
Secondo i nostri calcoli c’è bisogno di almeno un milione di posti di lavoro nella pubblica amministrazione perché ormai abbiamo solo pensionamenti. Per far ripartire il Paese deve ripartire anche il settore pubblico, il che significa far funzionare bene la pubblica amministrazione e snellire la burocrazia.
Lotta alle disuguaglianze, lavorare per la soddisfazione dei bisogni, ma la sinistra deve anche saper rispondere alle esigenze di realizzazione di sé delle persone, preoccuparsi del loro benessere, non solo materiale. Riflettere su ciò che fa star bene, la socialità, la cultura. Su questo lei a Napoli ha lavorato molto, cosa può dirci in base alla sua esperienza di cui racconta anche nel suo nuovo libro?
E’ vero investire sulla cultura è stato un punto importante per Napoli. Importante è anche contrastare la desertificazione di luoghi che vengono abbandonati, puntare sulla rigenerazione dei borghi, delle aree interne. Noi abbiamo inteso il turismo e la cultura non come gentrificazione e “turistizzazione” ma come valorizzazione culturale dei territori. La cultura è stata la principale arma di riscatto della nostra comunità. Puntare molto sulla nuova coesione sociale, lavorare sulla partecipazione, sui diritti e sulle libertà civili è il nostro obiettivo anche a livello nazionale. Noi non avremo nessun problema ad attuare i diritti civili. Così come non avremo problemi ad attuare una politica estera basata sulla fratellanza, sulla solidarietà con i popoli, come quella già avviate a Napoli con i curdi e i palestinesi, per arrivare all’Europa unita nelle sue diversità, rifiutando cortine di ferro e logiche da guerra fredda. Il nostro è un programma radicale ma di governo, non è astrattamente utopistico. A Napoli ho dimostrato che si può essere visionari e concreti allo stesso tempo.