Le sfide da raccogliere in questa fase post-pandemica sono d’importanza eccezionale e le proposte politiche, che dovrebbero intercettare i principali disagi sociali, devono essere all’altezza del cambiamento che risulta necessario
Uno dei principali problemi che si è palesato durante la pandemia in Italia è stato l’acuirsi delle disuguaglianze nella società: disuguaglianze di reddito, di accesso ai diritti e ai servizi. La stratificazione sociale è divenuta sempre più netta, basti ricordare il dato Istat di giugno scorso secondo cui la povertà nel nostro Paese ha toccato il massimo storico con 5,6 mln di persone sotto la soglia minima di sussistenza. L’art. 1 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, dopo aver stabilito che gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti, afferma che «le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune». Obiettivo della Dichiarazione era quello di rimuovere i privilegi delle classi sociali ricche, religiose e aristocratiche, riconoscendo i loro diritti anche alla nascente borghesia e al resto del popolo. La sfida dell’uguaglianza sociale non interessava gli autori illuministi, che anzi ritenevano anche giustificabile la sussistenza delle disuguaglianze.

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