Le quattro parole che formano l’acronimo della testata: libertà, uguaglianza, fratellanza e trasformazione, ci obbligano a uno sforzo maggiore, a “romperci la testa” per cercare una visione, insieme concreta e ideale, per cambiare questo Paese in chiave democratica, progressista, laica, pensando alle nuove generazioni.

Eccoci di nuovo da voi, cari lettori e compagni, con questa nuova, emozionante, avventura che vi avevamo preannunciato a luglio: ampliare l’offerta informativa di Left articolandola fra mensile cartaceo, sito e newsletter.
Chi ci ha seguito online nei mesi di agosto e settembre ha avuto modo di leggere interviste, analisi politiche, longform che raccontano e analizzano come sta cambiando la realtà in Italia e nel mondo. Ora è il momento di varare la nave dell’approfondimento facendo un passo oltre con questo nuovo Left mensile. Abbiamo deciso di iniziare il nuovo corso con un numero quasi monografico, molto ambizioso, fin dal titolo: Agenda 2022-2027 e che non a caso è uscito a ridosso delle elezioni politiche ( qui un consuntivo)  dopo una campagna elettorale, breve e concitata, basata su slogan e promesse, durante la quale si è parlato pochissimo di contenuti. Anche per gli effetti collaterali di questa legge elettorale, il Rosatellum, frutto dell’era renziana, che obbliga a forzosi apparentamenti; una brutta legge con cui ci siamo ritrovati ad andare al voto, dopo lo sciagurato taglio del numero dei parlamentari e senza una necessaria riforma della legge elettorale in senso proporzionale. Ma tant’è, questa è la dura realtà dei fatti. Ma non ci arrendiamo. Ora, dopo la vittoria della destra destra, guidata da Giorgia Meloni ci aspetta una opposizione serrata.  Dispiace dire lo avevamo detto.

Sul nostro sito, per tutta l’estate abbiamo spulciato i programmi, incalzato i politici, smascherato le false promesse e i pericolosi attacchi alla Costituzione di un centro destra che è sempre più destra-destra, nera e clericale, ma anche del polo cosiddetto liberale, che ripropone fallimentari ricette neoliberiste in salsa democristiana. Senza lesinare critiche anche alla coalizione di centro sinistra e alla sinistra radicale quando, su specifiche questioni, non ci hanno convinto. Ma a noi di Left, si sa, non basta fare il “cane da guardia” dell’esistente.
Le quattro parole che formano l’acronimo della testata: libertà, uguaglianza, fratellanza e trasformazione, ci obbligano a uno sforzo maggiore, a “romperci la testa” per cercare una visione, insieme concreta e ideale, per cambiare questo Paese in chiave democratica, progressista, laica, pensando alle nuove generazioni.

Beninteso non è un programma politico quello che qui vi proponiamo. Non vogliamo certo fondare l’ennesimo partito! Da giornalisti di sinistra, impegnati da sempre sul versante della difesa dei diritti civili e sociali abbiamo chiesto alle migliori menti e alle migliori energie di questo Paese – dal premio Nobel Giorgio Parisi agli attivisti dei Fridays for future, da Ilaria Cucchi a tantissimi giovani ricercatori – di aiutarci a immaginare come il nostro Paese possa uscire dalla crisi e dalla stagnazione liberandosi da feroci disuguaglianze, dalla oppressiva cappa vaticana, dal razzismo, dalla discriminazione, dall’incuria e dalla devastazione del territorio.

Gettando il cuore oltre l’ostacolo e, al contempo, essendo ben consapevoli che l’autunno che ci aspetta sarà durissimo. Non solo per il caro bollette e per le difficoltà materiali.
Per battere sul lungo periodo questa destra nerissima, nazionalista e retrograda sul piano culturale, servono idee. Serve ripensare profondamente la sinistra. E noi che veniamo da una lunga storia di ricerca collettiva abbiamo l’ambizione di poter dare, insieme a voi, un contributo per costruire una strada che ci porti anche oltre il 2027. Su questo numero di Left diamo qualche spunto puntando alto: osando parlare di scuola e università pubblica e gratuita in un Paese che purtroppo oggi ha il più altro tasso di Neet in Europa, percentuali altissime di dispersione scolastica e vede oltre un milione e trecentomila di minori in povertà assoluta (fonte Istat).

Parliamo di nuove politiche per la ricerca che, dopo tante controriforme liberiste come quella firmata da Gelmini, non obblighino più i giovani ricercatori ad andare per forza all’estero o a rinunciare. Parliamo di sanità pubblica e di come rilanciare servizi, mettendo al centro un’idea di salute che non è solo assenza di malattia ma benessere psicofisico della persona e della collettività. Parliamo di una riforma fiscale equa basata sul principio costituzionale di progressività e di quanto danno possono fare i “tassapiattisti”. Parliamo di giustizia giusta e di riforma del sistema carcerario sulla base di esempi concreti che ci sono già come il “carcere aperto” di Bollate.

Parliamo di una legge sulla cittadinanza che vada ben oltre il timido ius scholae, per dare finalmente risposta a un milione di giovani italiani senza diritti. Parliamo di abolizione della legge Bossi Fini che ha istituito il reato di clandestinità, di abolizione dei decreti Sicurezza voluti da Salvini e varati dal governo Conte I ma anche dello scellerato memorandum con la Libia siglato dal governo Gentiloni. Parliamo dell’importanza essenziale della cultura, di diritto universale di accesso al patrimonio artistico, della funzione che potrebbero avere i musei non più solo come luogo di conservazione ma come centri di ricerca, ricordando quanto sarebbe rivoluzionario applicare pienamente l’articolo 9 della Carta e l’articolo 3 che affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana.

Parliamo – ed è un punto cardine per noi – di pieno riconoscimento dell’identità delle donne che ancora non c’è nonostante tante conquiste sociali (e che oggi sono di nuovo messe in pericolo). «La sinistra deve occuparsi della realtà psichica e di ciò che è trasformativo e creativo» scrive la psicoterapeuta Maria Gabriella Gatti su questo numero di Left. «La sinistra deve occuparsi della realtà psichica e di ciò che è trasformativo e creativo. Non si possono accettare compromessi con una cultura basata sulla violenza e la sopraffazione e sull’annullamento del diverso». Facciamo nostre le sue parole.