Non eroine senza macchia, né fanciulle giovanissime da record dei primati e neanche signore del teatro che hanno fatto la storia. Stremate e… beate?, di Giulia Riccardi, con Elda Alvigini, Beatrice Fazi e Giulia Ricciardi con regia di Patrizio Cigliano, in scena fino al 4 dicembre al Teatro Golden di Roma, mette al centro proprio le donne con la D maiuscola. Persone normali, over 50, che popolano la realtà di tutti i giorni e che hanno energia, esperienza e idee per essere protagoniste al cinema e teatri.
Con intelligenza ed ironia le tre attrici e il misterioso interlocutore fanno ridere e sorridere il pubblico, toccando, tra una battuta e un’altra, temi importanti. Ne abbiamo parlato con Elda Alvigini, interprete di Marisa, una delle tre protagoniste dello spettacolo.
Buonasera Elda, che immagine di donna emerge da Stremate e …beate?
Posso felicemente dire che le protagoniste di Stremate e… beate? sono tre donne rappresentate nel fior fiore degli anni che, nella commedia, quindi in purgatorio, dove è ambientata, non corrispondono ai venti o ai trenta ma ai cinquant’anni. Marisa, Elvira e Mirella sono tre donne vitali che hanno ancora energia, voglia di vivere e tante cose da fare. Anche se, secondo questa cultura post-berlusconiana, l’età in cui si sono ritrovate in purgatorio è quella in cui una donna è praticamente “finita”. In Italia, raramente vediamo donne over cinquanta a cinema o teatro. Mentre non è così nel resto del mondo. Negli Stati Uniti le donne over cinquanta sono protagoniste di film e serie. Noi, in questo spettacolo, rivendichiamo proprio la nostra voglia di fare, di tornare sulla terra, di essere piacenti e vitali anche dopo i cinquanta.
Dopo tanto tempo sei tornata a farti dirigere e a lavorare su un testo non tuo, com’è stata questa esperienza?
È stata meravigliosa. In scena lavoro con due grandi attrici a tutto tondo, non solo due comiche eccellenti. Per di più, Beatrice e Giulia sono anche due amiche, con cui ho già recitato. Con Beatrice Fazi ho condiviso l’esperienza del cinema e quella del teatro con La verità vi prego sull’amore. Inoltre, al di fuori della recitazione, con lei ho vissuto la splendida avventura de Il Locale, lo storico locale a vicolo del Fico. Mentre, con Giulia Riccardo ho recitato in Rosa Spina, dramma scritto e diretto da Michela Andreozzi sul caso Franzoni. Essere diretta da Patrizio Cigliano è stata una bellissima esperienza. La sua regia è molto meticolosa. Da una parte per me è stata una sfida decifrare il suo linguaggio molto personale e preciso che, per le altre due attrici era già famigliare, dal momento che loro hanno già lavorato con lui nei precedenti spettacoli di questo ciclo. Cigliano è molto esigente ed è un bravissimo attore, oltre che regista, conosciuto soprattutto per i ruoli shakespeariani al Globe Theater. Mi ha chiesto di fare “tanto” e io sono felice di aver dimostrato la massima malleabilità nell’essermi saputa adeguare alle sue esigenze.
Inoltre, devo dire che quando metto in scena i miei spettacoli tutte le responsabilità ricadono su di me ed è davvero molto faticoso, soprattutto dal punto di vista psicologico. Mentre questo spettacolo è sicuramente impegnativo dal punto di vista fisico e mentalmente richiede solo tanta memoria.
Come si è rapportata Elda Alvigini a questo testo che parla di aldilà?
Molto semplicemente, l’attore è un esecutore. Io sono atea, come credo tutto il cast, ed anche se in commedia il pretesto è la morte e, quindi, ciò che accade dopo, non c’è nulla di religioso. Questa è una “serie teatrale”, le protagoniste, ormai anziane, sono esistite per 5 spettacoli e in questo muoiono e finiscono in purgatorio, dove possono scegliere tra le opzioni di tutte le religioni. Insomma, alla fine si gioca molto sul tema, tanto che io dico: “Non capisco tutte ste distinzioni se lui è uno solo.” Comunque, Stremate e …beate? è una pura commedia e non c’è alcuna volontà di fare critica o religione. Certo, dà per scontato che esista un aldilà ma è un pretesto teatrale. Del resto, in questo caso il mio ruolo è quello di attrice, non di autrice e, come tale non sono responsabile del testo. Certo, anche se l’attore non sposa il testo che rappresenta, poi è ovvio che se dovessero propormi cose contro la mia natura forse non le farei.
Cosa c’è di Elda Alvigini in Marisa?
Niente.
Cosa sono per te i “vizi” e che rapporto hai con gli stessi?
La parola “vizio” non fa parte del mio vocabolario. Mi pare sia legata a un giudizio e a un senso di colpa, insomma, a un’accezione negativa. A mio parere i vizi non esistono, sono un costrutto religioso. Esiste lo stare male. Voglio dire, se si ha voglia di un bel gelato non c’è nulla di male, se il rapporto con il cibo diventa patologico, ecco allora si parla di malattia. Ma se non fanno male, non sono necessariamente negativi. A mio parere non c’è nulla di grave ad avere una sana consapevolezza e certezza di sé, che per la religione sarebbe la “superbia”; oppure a trascorrere un pomeriggio senza far nulla, accidia; certo, ovviamente se non si tratta di depressione.
Come personaggi come reagite alle accuse che vi vengono imputate nel testo?
Direi molto bene. Ognuna di noi è associata a due “vizi capitali” ma noi ci difendiamo, dimostrando che in fondo erano giusti. Così conquistiamo la simpatia del pubblico che è sempre molto caloroso, si appassiona e ci sostiene. Del resto, è più che normale che le persone in platea si riconoscano nelle debolezze delle protagoniste.
Potremmo dire che il bello di Stremate e… beate? è proprio il suo saper stare a contatto con la realtà, pur parlando di aldilà?
Certo, il gioco è proprio questo: l’aldilà è il pretesto per fare delle riflessioni sull’al di qua, cioè, su quello che siamo da vivi. Portiamo in scena delle dinamiche tipiche della vita. In più lo spettacolo si svolge in un futuro prossimo: 2050, quindi escono voci su persone che sono vive oggi, che ci danno l’opportunità per fare delle riflessioni anche sulla società e sulla politica. In particolare, le tre protagoniste si battono contro un certo maschilismo galoppante che ritrovano e contrastano anche in purgatorio, nella figura di Virgilio che è evidentemente maschilista.