La giustizia italiana e la condizione carceraria sono state spesso condannate dalle Corti di Giustizia europee. Per questioni molto rilevanti che non meritano di finire nella gabbia asfissiante di un ipocrita, rancoroso, politicista braccio di ferro tra un anarchico detenuto e il governo postfascista (sicuritarista e panpenalista). Cospito è da oltre 115 giorni in sciopero della fame; non sappiamo fino a quando il suo fisico reggerà. Protesta contro la propria condizione carceraria. Ma proietta la sua protesta contro gli istituti dell’articolo 41bis e, più in generale, contro l’ergastolo ostativo, per tutte e tutti i detenuti. Si tratta di questioni da tempo dibattute, a livello giuridico (che, spesso, Left ha trattato). Nel frattempo bisogna evitare che Cospito muoia.
Oltretutto sarebbe uno smacco internazionale per la giustizia italiana. Saremmo equiparati alla Turchia, all’Iran. Cospito non pretende la libertà ma un trattamento carcerario umano. È stato in carcere per nove anni e sa che vi resterà per lo meno per venti anni ancora. Non sta esercitando nessun ricatto o violenza nei confronti dello Stato. Questa è una frottola dei postfascisti. Cospito non minaccia, mette in gioco la propria vita.
A me pare che il tema che Cospito pone attenga alla civiltà giuridica, come, in maniera straordinaria, storicamente pose Antigone. Cospito deve morire o vivere, pur se in carcere? Se fosse lasciato morire in carcere, ampio e forte sarebbero il disorientamento ed il trauma sociale. Uno spaesamento nei confronti della giustizia stessa. Le manifestazioni, a volte violente, a volte disperate della galassia anarchica non sono certo attribuibili a Cospito. Sono accuse indimostrate, sciocchezze che il presidente del Consiglio non dovrebbe pensare né pronunciare. Il fatto vero è che il sistema politico italiano ha la “sindrome” verso gli anarchici; è una coazione a ripetere: sto pensando a Valpreda, a Pinelli.
Cospito pone, quindi, temi seri che tutti i giuristi europei dibattono seriamente, giungendo a conclusioni quasi sempre contrarie alle rozze opinioni dei postfascisti italiani. Non parlo qui degli aspetti sistemici del 41bis e del carcere ostativo, che Left ha sempre costantemente argomentato. Ricordo solo che, al di là della contestazione degli istituti, va fatto un bilancio aggiornato della loro applicazione. Oggi vi sono (è un dato poco conosciuto) 749 detenuti sottoposti al 41 bis e ben 1280 detenuti condannati all’ergastolo ostativo. È stata, poi, di fatto abolita la discrezionalità del giudice nella fase esecutiva. Sta passando, ancor più ora con questo governo, la fallace concezione che il “carcere duro” tutto risolva. Torniamo dietro di un secolo. A parte l’inefficacia di questa concezione, questo securitarismo e questo panpenalismo negano i fondamenti costituzionali su giurisdizione e carcere. È opportuno citare letteralmente l’articolo 27 della Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte».
In apertura foto di Renato Ferrantini. Roma, 4 febbraio 2023
Renato Ferrantini vive e lavora a Roma come ingegnere. È appassionato di geopolitica e fotoreportage. Si dedica al tema delle migrazioni dal 2015, come volontario dell’Associazione Baobab Experience, su cui ha realizzato la mostra “Piazzale Maslax: una richiesta d’aiuto, di speranza” (2019). Reportage fotografici hanno accompagnato i suoi viaggi ad Algeri (2018), lungo la rotta balcanica della Bosnia e nel Kurdistan iracheno con le associazioni One life Onlus e Verso il Kurdistan (entrambi nel 2019). Durante il lockdown per il Covid-19 ha prodotto il progetto fotografico “Quarantena nel mio quartiere” (2020), documentando lo storico complesso romano del Tufello. A marzo 2022 ha realizzato per DINAMOPress un racconto per immagini dai confini ucraini di Romania e Moldavia. Parallelamente segue gli eventi di attualità sociale con particolare attenzione alle mobilitazioni studentesche, alle campagne per i diritti civili e alle lotte contro le discriminazioni etniche e razziali