Google detiene i “mezzi di produzione”. Ovviamente non sono le fabbriche, ma enormi server e decine di migliaia di esperti che scrivono algoritmi per estrarre e poi organizzare le informazioni e “venderle” a chi serve

Insomma quante belle cose che mi regala la rete! Mi dà gratis la posta, Facebook, Instagram addirittura What’s up (lo è diventato dopo i 0.99 centesimi di dollaro iniziali) e poi le news, il traffico, i percorsi, il tempo.
Ma non è una meraviglia? Adesso anche l’intelligenza artificiale, internet mi dà gratis. Per cui per fare un articolo tutti i venti volumi (più aggiornamenti) della Treccani che avevano i miei amici scrittori negli scorsi decenni, si possono usare per fare mura divisorie nei loft post-industriali. Ma anche Wikipedia in fondo serve meno di una volta. Per scrivere un documento, apro una pagina di chat Gpt e mano a mano che ho dei dubbi glieli chiedo. Certo, se mi invento qualcosa, allora Chat Gpt ci mette del tempo a assimilare il punto e all’inizio dice ovvietà.

Da dove arriva il profitto
Gli chiedo: “Mi spieghi la relazione tra Google e Karl Marx?” La risposta di ChatGpt, me la conservo io in nota per non annoiarvi (1), Sostiene che si tratta di due cose ben diverse. L’unica connessione è che Google permette di “accedere a una vasta quantità di informazioni, compresi i testi e gli scritti di Karl Marx”.
Rifacciamo la prova tra un mese e scommetto che avrà ben succhiato quanto segue. La relazione tra Goole e le teorie di Karl Marx è invece fondamentale. Anzi, se non si inquadra Google in termini marxisti sfugge quasi tutta la sostanza di quello che succede davanti a noi. Dicevamo di tutti quei meravigliosi servizi (il traffico, il meteo, l’intelligenza artificiale), sono veramente gratis? Non lo sono: li paghiamo, eccome. Ci si scuserà per la contrazione delle teoria di Marx dal punto di vista che ci interessa, ma ecco come è utile inquadrare la questione. Marx ha scoperto già nell’Ottocento una proprietà che poi verrà chiamata sinergia. Cioè che a volte l’algebra non funziona, ma avviene una sorta di reazione chimica che fa saltare i numeri. Gli economisti prima di lui, per esempio David Ricardo, non riuscivano a dare una spiegazione plausibile a “Come fanno i capitalisti a guadagnare”. I numeri non quadravano. Se il capitalista compra il lavoro al suo valore di mercato e se compra le macchine e le materie prime al loro valore di mercato, come mai il valore del prodotto finito è diventato dieci volte più alto?. Naturalmente Ricardo dava delle risposte, ma erano un poco strampalate come quelle che si davano sulla forma della terra prima che arrivasse Galileo. Marx per affrontare l’impasse, inventò il plusvalore. Certo che io-capitalista compro il lavoro (L) e i mezzi di produzione (M) al loro valore di mercato, ma siccome io e solo io come capitalista posseggo i mezzi di produzione quando il lavoro degli operai è applicato ai mezzi di produzione scatta un miracolo, nasce appunto un “plus” valore. Quel lavoro applicato, inserito, immesso nei mezzi di produzione non crea più la somma algebrica di L+M ma, appunto, molto di più (2). Piccola nota.

Se parlo di “sfruttamento” del lavoro dell’operaio in questo contesto articolo un discorso politico, se invece sottolineo che la chiave della questione è “il possesso” dei mezzi di produzioni allora il discorso è economico (che naturalmente ha ricadute politiche: lo sfruttamento rimane lo stesso anche nei Paesi socialisti infatti, ma è il plusvalore che è ridistribuito).

Tempo versus Privacy
Ora vediamo come questa impostazione si applichi a Google e a tutti gli altri fornitori di servizi “gratuiti” sino all’intelligenza artificiale. Diciamo che io-utente sono il protagonista al posto del proletario ai tempi di Marx. Ma, ecco il concetto chiave, invece del mio tempo, come faceva l’operaio, io “vendo” una quota della mia privacy. Avete fatto caso che ormai Google non funziona più se non vi loggate?. Google vuole sapere molto “di me” (e stare il più possibile con me) per poter trarre il massimo dalle informazioni che gli passo, di norma senza pensarci. Dove vado, cosa compro, dove sono eccetera. Loggandomi fornisco questa informazioni “in cambio di un servizio” per esempio ho un’informazione sul percorso con meno traffico. Quindi non cedo più il mio tempo in cambio di una paga, cedo una quota della mia privacy in cambio di un servizio. Credo che ad Alvin Toffler, il mitico autore di The Third Wave, sarebbe piaciuta messa così.

Ora veniamo a un altro aspetto della questione che è però identico all’esempio classico di Marx. Google detiene i “mezzi di produzione”. Ovviamente non sono le fabbriche, ma enormi server e decine di migliaia di esperti che scrivono algoritmi per estrarre e poi organizzare le informazioni e “venderle” a chi serve.

Se si guarda a un chart ufficiale delle entrate di Google risulta che il 70 per cento deriva da Ads pubblicità (divise in Youtube, Network, Google search e un misterioso “other properties”).

Di che cifra parliamo? Di circa 279,81 bilioni di dollari (4). Non siamo molto familiari con il bilione. Diciamo che il fatturato annuo di google è di 250.304.035.500 euro cioè 250 miliardi e rotti di euro, dalla Ue l’Italia ha ricevuto per il Piano Pnrr 191,5 miliardi di euro).
Sulla base di questi introiti pubblicitari di Google, ho creato un blog abbastanza frequentato. In più di vent’anni non sono ancora arrivato a 100 euro di guadagno. C’è qualcosa che non quadra. E naturalmente quello che non quadra sono le “other properties”. E cosa volete mai che siano le other properties: sono le nostre informazioni prese grezze e poi rimpacchettate attraverso i mezzi di produzione che Google possiede e noi no. Ma non c’è la privacy? direte. Certo che c’è. Ma ricorderete di certo la casella in cui accontento al trattamento dei dati, se no il sistema non va avanti.
Volete la morale? Non c’è. Quando la rivoluzione ci arriva addosso non c’è nulla da domandarsi, soltanto cercare i nostri “come” per viverla.
E la Cina e il Metaverso? Alla prossima.

 

Nota 1 Google e Karl Marx sono due entità diverse che rappresentano concetti e contesti completamente diversi. Google è una delle più grandi aziende di tecnologia al mondo, specializzata nei servizi di ricerca online, pubblicità digitale, software e altri settori correlati. È stata fondata nel 1998 da Larry Page e Sergey Brin. Karl Marx, d’altra parte, è stato un filosofo, economista e teorico politico tedesco. È noto soprattutto per il suo lavoro sul comunismo e sul socialismo scientifico. Marx ha vissuto nel XIX secolo ed è considerato uno dei pensatori più influenti della storia moderna, le sue idee hanno contribuito alla formazione di movimenti politici come il marxismo.. Non c’è una relazione diretta tra Google e Karl Marx in termini di associazione o partnership. Tuttavia, è possibile individuare alcune connessioni indirette. Ad esempio, il motore di ricerca di Google consente agli utenti di accedere a una vasta quantità di informazioni, compresi i testi e gli scritti di Marx, consentendo a chiunque sia interessato di studiare le sue teorie. Inoltre, la diffusione delle idee marxiste e socialiste può avvenire anche attraverso Internet e le piattaforme di condivisione, come i social media, che possono essere accessibili tramite i servizi di Google. In sintesi, Google e Karl Marx rappresentano due ambiti differenti: Google è una società tecnologica che fornisce servizi online, mentre Karl Marx è un filosofo e teorico politico il cui lavoro ha influenzato il pensiero socio-politico. Non esiste una relazione diretta tra i due, sebbene possano essere collegati indirettamente attraverso l’accesso alle informazioni e la diffusione delle idee attraverso il web.

Nota 2 Ecco come spiega il concetto marxista di plusvalore Chat Gpt. «La teoria del plusvalore è un concetto centrale nella dottrina economica di Karl Marx, contenuta nella sua opera principale “Il Capitale”. Questa teoria è un elemento fondamentale del marxismo e contribuisce a spiegare la dinamica dello sfruttamento del lavoro nei sistemi capitalistici.
Iniziamo con una breve introduzione al contesto. Secondo Marx, il capitalismo è un sistema economico basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione (come fabbriche, macchinari, materie prime) da parte di una classe di individui, i capitalisti, che detengono il controllo del capitale. Allo stesso tempo, esiste un’altra classe sociale, i lavoratori o proletari, che possiedono solo la loro forza-lavoro e devono venderla ai capitalisti in cambio di un salario per sopravvivere. Nel processo di produzione, i capitalisti assumono i lavoratori e li pagano per il loro tempo di lavoro. Tuttavia, secondo Marx, i lavoratori non ricevono un salario che rifletta pienamente il valore del loro lavoro. Invece, essi producono una quantità di valore superiore rispetto al valore del salario ricevuto. Questa
differenza tra il valore del lavoro che i lavoratori producono e il salario che ricevono è chiamata “plusvalore”. Marx distingue tra due tipi di valore che emergono nel processo di produzione: Valore delle merci: È il valore incorporato in un bene o servizio a causa del tempo di lavoro socialmente necessario per produrlo. Questo valore è determinato dalla quantità di lavoro impiegata per crearlo. Plusvalore: È la differenza tra il valore creato dal lavoro dei lavoratori e il salario che ricevono. Questo surplus di valore è la fonte del profitto per i capitalisti. Marx sostiene che il plusvalore deriva dal fatto che i capitalisti pagano ai lavoratori solo una parte del valore che essi producono durante il loro tempo di
lavoro. La differenza viene quindi appropriata dai capitalisti sotto forma di profitto.
La produzione di plusvalore è una caratteristica essenziale del capitalismo e serve come motore del sistema. I capitalisti cercano costantemente di massimizzare il plusvalore aumentando l’intensità del lavoro, riducendo i salari o migliorando l’efficienza produttiva.
Secondo Marx, il plusvalore è anche responsabile di molte delle contraddizioni e delle tensioni all’interno del sistema capitalistico. Il conflitto tra capitalisti e lavoratori, noto come lotta di classe, è alimentato in gran parte dalla questione dello sfruttamento del lavoro e dalla divisione del plusvalore. In sintesi, la teoria del plusvalore di Karl Marx è una spiegazione critica dello sfruttamento dei lavoratori all’interno del sistema capitalistico e un concetto chiave per capire le dinamiche economiche e sociali del capitalismo.»

L’autore: Antonino Saggio è docente di Architettura all’Università di Roma, saggista e editore

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