Nuovo picco del processo di secolarizzazione in Italia. Secondo una indagine multiscopo dell'Istat meno di un italiano su 5 va ancora a messa. E il 31 per cento della popolazione non è mai entrata in un luogo di culto nel 2022

Solo il 19 per cento della popolazione in Italia è praticante e va a messa o ad altre funzioni. E’ quanto risulta dall’Indagine multiscopo dell’Istat, svolta su un campione ampio e rappresentativo di popolazione italiana sul 2022. Intanto il 31 per cento della popolazione dichiara di non aver mai messo piede in un luogo di culto l’anno scorso. All’indagine hanno risposto direttamente persone maggiori di 14 anni, mentre per i minori dal 6 ai 13 anni la risposta è stata data dai genitori.

Il primo dato che balza agli occhi è che la frequentazione della Chiesa è la più bassa che sia mai registrata nella storia del nostro Paese. Negli ultimi 20 anni (dal 2001 al 2022), il numero dei cosiddetti praticanti regolari si è quasi dimezzato (passando dal 36 al 19 per cento), mentre il numero di persone che non vanno in Chiesa è raddoppiato (si è passati dal 16 al 31 per cento).

Questo trend in discesa prosegue da anni come abbiamo documentato negli anni su Left anche a partire dai vari rapporti sulla secolarizzazione di Critica Liberale con la Cgil nuovi diritti e, in particolare a gennaio 2023 con Left Chiesa cattolica s.p.a  (vedi La fine dei religiosi e Non c’è più religione di Raffaele Carcano della Uaar, autore del libro Le scelte di vita di chi pensa di averne una sola).

Ma torniamo alla nuova indagine Istat: una piccola inversione di tendenza, secondo i dati rielaborati da Settimana News avrebbe coinciso con l’esplosione del Covid-19 ma certamente è stata temporanea. Tra il 2019 al 2020 c’è stato un calo del 4 per cento delle persone che andavano in Chiesa. Durante la pandemia da Covid-19 le chiese rimasero aperte mentre cinema e teatri furono chiusi! (Leggi Teatri chiusi, chiese aperte)  Nonostante questo la gente è stata più saggia e si è tenuta alla larga e alla fine della pandemia la situazione non è più tornata ai livelli precedenti.

Il secondo dato che colpisce, e forse anche più importante, è che il calo ha riguardato in modo particolare i giovani dai 18 ai 24 anni e gli adolescenti (14-17 anni). Negli ultimi 20 anni la pratica religiosa ha registrato un calo di oltre due terzi per quanto riguarda i giovani e gli adolescenti, a fronte di una riduzione del 50 per cento dei praticanti tra adulti e del 30-40 per cento tra la popolazione anziana.
C’è di che sperare dunque: Piccoli atei crescono, per dirla con il celebre titolo del libro di Franco Garelli uscito per il Mulino nel 2016. Ma alcuni osservatori fanno notare che in Italia non siamo ancora allineati a quel che accade nella maggior parte dei Paesi del Nord Europa dove la partecipazione al culto coinvolge dal 3 al 7-8 per cento dei cittadini. Peggio di noi fanno Portogallo e Polonia, dove tuttavia si è avviato dal 2021 un certo processo di secolarizzazione dei giovani cresciuti politicamente nell’alveo delle proteste contro le feroci politiche antiabortiste adottate dal governo conservatore polacco sodale del governo Meloni.