Non accettando di stare al suo posto la sorella di Giulia ha rinunciato al ruolo assegnato al suo genere (rassicurare) e ha deciso di occupare spazio (in questo caso mediatico) che taluni maschi vivono come uno scippo

In un tempo di panpenalismo di propaganda che consiste nell’aumentare tutti i reati che non potrebbero mai essere commessi dal proprio elettorato il governo di Giorgia Meloni ha dimenticato di considerare il reato più grave e culturalmente devastante: la violenza di Stato.

Avrebbe così potuto osservare con occhi diversi gli accadimenti di queste ultime ore in cui famelici maschi si stanno buttando sul corpo di Elena Cecchettin, sorella di quella Giulia ammazzata da Filippo Turetta come è già accaduto altre 104 volte quest’anno in Italia e come accadrà ancora prima della fine dell’anno. Elena ha scelto di dismettere i panni della donna addolorata così rassicurante per le società patriarcali – zitta e buona – puntando il dito contro il mandante storico e culturale che c’è dietro ogni femminicidio: il possesso che sfocia nel controllo poi nella prevaricazione e infine nell’ammazzamento. 

Non accettando di stare al suo posto Elena Cecchettin ha rinunciato al ruolo assegnato al suo genere (rassicurare) e ha deciso di occupare spazio (in questo caso mediatico) che taluni maschi vivono come uno scippo. Il consigliere regionale leghista che in Veneto dice di vedere negli occhi, negli abiti e nelle felpe di Elena Cecchetin addirittura il diavolo semplicemente non si è trattenuto dal dire quello che molti pensano. In giro sui social i maschi arruolati nell’esercito della fallocrazia strepitano contro Elena Cecchettin rivendicando che “non tutti i maschi sono così” adottando le stesse logiche violente dei maschi così: Elena Cecchettin ha stanato il lupo. Ben fatto. 

Buon martedì.