Se guardiamo indietro nel tempo, la condizione e l’identità femminile è sempre stata oggetto di oppressione e negazione. Per tutto il secolo scorso le donne hanno avuto scarsissimo accesso all’istruzione di base e all’istruzione superiore. Negli ultimi decenni, per la prima volta nella storia, e non solo nei Paesi sviluppati, secondo i dati dell’Unesco, l’educazione secondaria e terziaria delle donne eguaglia e supera spesso il livello di educazione maschile.
È una rivoluzione silenziosa, una discontinuità con il passato, un mutamento rapido e irreversibile che consolidandosi, potrebbe portare ad una radicale trasformazione culturale e sociale. Questo cambiamento potrebbe modificare non solo la struttura delle società, che fino ad ora hanno affidato agli uomini e alle donne ruoli culturalmente prestabiliti da millenni, ma il senso dei rapporti fra gli esseri umani. Le donne attualmente hanno conquistato un livello di istruzione pari agli uomini e ottengono risultati importanti sia nella ricerca scientifica che nelle arti, anche se i risultati vengono loro riconosciuti con difficoltà a livello di ruoli istituzionali. Ma non è nella vita pubblica che si esplica la massima violenza, è nel privato, nel rapporto uomo-donna.
Tutta la nostra cultura discende da un’eredità che risente fortemente del controllo maschile, un modello che per troppi secoli è rimasto invariato: la donna passiva e subalterna, il cui ruolo principale è quello di essere madre oppure oggetto di piacere. Un pensiero a lungo dominante sul quale si è costruita la nostra formazione sociale e intellettuale e che si origina dalla cultura greca-romana. Per Aristotele «l’uomo è un essere umano completo, la donna è un essere umano imperfetto». Per il filosofo greco solo il pensiero dell’uomo è guidato dalla «ragione», mentre quello della donna è governato dagli istinti, che si originano dal corpo e del tutto simili a quelli degli animali e per questo motivo il pensiero delle donne risulta inaffidabile.
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