Il 2024 è un anno importante. Un anno in cui in cui l’Europa (fin qui afona) e le Nazioni Unite (fin qui paralizzate da veti incrociati) sono chiamate a lavorare seriamente ad accordi di pace in Medio Oriente dove l’escalation del conflitto è estrema, senza dimenticare l’Ucraina, lo Yemen, la Siria, il Sudan e tantissimi altri Paesi lacerati da conflitti “dimenticati”.
Non c’è più tempo, come dicono i giovani dei Fridays for future. Non solo perché conflitti e disastri ambientali vanno a braccetto, potenziando l’un l’altro (come abbiamo scritto tante colte su Left (vedi Effetto guerra effetto serra). Il punto è che non è più possibile restare immobili di fronte a conflitti che – come sottolinea Giovanni De Luna su questo numero della rivista – colpiscono, e hanno come target direttamente i civili.
È successo con l’efferato attacco dei fondamentalisti di Hamas dello scorso 7 ottobre ai giovani israeliani che pacificamente ballavano in un rave. È successo con l’attacco sistematico del fondamentalista governo israeliano di ultra destra guidato da Netanyahu, che ha sterminato, per vendetta, un’intera popolazione innocente a Gaza. Mentre scriviamo le vittime sono ormai quasi 20mila, senza contare i dispersi. La percentuale di donne e bambini uccisi è altissima. Non sono dati che vengono solo da fonti di Hamas, ma anche da ricerche di scienziati della rivista The Lancet in collaborazione con l’Oms e da organizzazioni indipendenti come Save the Children. A questa immane tragedia che continuano a subire i civili a Gaza dedichiamo il libro del mese di Left intitolato La strage dei bambini (con contributi di attivisti, giuristi, scrittori, esperti di geopolitica e dell’Onu).
Fin qui, purtroppo, anche rispetto a questa ecatombe umanitaria l’Europa non ha battuto un colpo. Ma da convinti e ostinati europeisti pensiamo che qualcosa potrebbe cambiare con le elezioni del 9 giugno 2024. Sono elezioni europee importanti anche perché il risultato sarà sincero, basato com’è sulla legge proporzionale. E potrebbero avere un immediato riverbero sul nostro presente in quanto cittadini italiani alle prese con un governo di destra che marcia a ranghi serrati verso una duplice controriforma costituzionale, deciso a stravolgere la Costituzione e a limitare i poteri del Parlamento e del presidente della Repubblica. Obiettivi, va detto, non molto diversi da quelli del Piano di rinascita democratica che l’ex repubblichino, fieramente fascista, Licio Gelli non riuscì a portare a compimento.
Ma come accennavamo alle elezioni europee si affronteranno schiettamente due opposte visioni. Da un lato l’idea di un’unione europea politica, una federazione di Stati ispirata al manifesto di Ventotene che fu immaginato con grande visione e capacità di resistenza umana da un gruppo di giovani esuli antifascisti mandati al confino (Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, con Eugenio Colorni, Ursula Hirschmann e Ada Rossi).
Dall’altra, la retriva idea di un’Europa delle nazioni (che ha sempre generato guerre), delle piccole patrie propugnata da Meloni e dalle destre, basata sull’esclusione, sulla costruzione di nuovi muri, antimoderna e antiscientifica.
Non è una questione astratta. Tocca da vicino le nostre vite. E tocca a noi come cittadini farci sentire. La legge proporzionale con cui si vota per le europee diversamente da quella italiana, lo consente. Ci sono in ballo questioni che ci riguardano da vicino. Quale società europea vogliamo e immaginiamo più giusta e solidale? Come affrontare la sfida ai cambiamenti climatici dopo l’affossamento del Green new Deal e il fallimento di Cop28, che a Dubai è stata una mera operazione di greenwashing?
Il patto europeo sull’immigrazione ci rappresenta dal momento che normalizza le violazioni dei diritti e mette in pericolo i minori, non contrastando i trattamenti disumani e violenti? Ci rappresentano le esternalizzazioni dei confini europei siglate dall’Europa con autocrati come il turco Erdoğan, il tunisino Saïed l’albanese Rama? Sta a noi scegliere.
Sta noi decidere se vogliamo presentarci in Europa rappresentati da una destra – Lega e Fratelli d’Italia – che si è astenuta o ha votato contro il via libera europeo alla convenzione di Istanbul per fermare la violenza sulle donne, (seguendo la strada aperta dalla Turchia che l’ha rinnegata). Quella stessa destra italiana, dopo la grande sollevazione civile seguita al femminicidio di Giulia Cecchettin, oggi si propone di fare qualche ora facoltativa di “educazione affettiva” nelle scuole, affidandola alle personalità più improbabili, giusto per lavarsene le mani.
Noi invece prendiamo sul serio questo tema, importante e delicatissimo, e gli dedichiamo la storia di copertina di questo nuovo Left, con contributi autorevoli di insegnanti, dirigenti scolastici, pediatri, pedagogisti, psichiatri e psicoterapeuti, tracciando anche un utile confronto con quanto negli anni è stato già realizzato e discusso in altri Paesi europei, in particolare nel Nord Europa. All’idea di questo governo di destra che cerca di risolvere tutti i problemi sociali con la coercizione, con il carcere, con l’olio di ricino, con l’idea di inculcare nozioni, come se i bambini fossero tavolette di cera, privi di un bagaglio affettivo, opponiamo una articolata, laica e scientifica proposta che si nutre di una nuova e diversa lettura della realtà umana.
Nella foto: l’opera di Banksy contro la guerra a Gaza (Instagram Banksy)