Cogliere gli aspetti clinici e psicopatologici dal periodo pre e post partum ai primi anni di vita è fondamentale per intervenire tempestivamente tutelando la salute mentale della madre e del bambino
In questi giorni si è aperto l’ennesimo dibattito politico e sociale sulla “questione delle culle vuote”; le cause della denatalità vengono ascritte alla mancanza di risorse materiali: crisi economica, disoccupazione femminile, aumento dell’età riproduttiva, carenza di servizi per l’infanzia. Non si prende in considerazione che non tutte le donne in fondo sentano la necessità di essere madri, e che alcune lo fanno sulla spinta di una cultura colpevolizzante senza essere realmente pronte a questa transizione. Se è vero che le tecniche di procreazione medicalmente assistita da una parte garantiscono il diritto alla genitorialità quando è una scelta personale, dall’altra non si soffermano a rivolgere un’attenzione particolare a questo momento della vita complesso e delicato di cui non sempre le coppie sono pienamente consapevoli. La donna senza figli viene tacciata di egoismo, giudicata individualista e se davvero esistesse l’istinto materno non saremmo bombardati da drammatiche storie di cronaca nera che vedono protagoniste proprio le donne, omicide dei propri figli. Sempre negli ultimi giorni si è svolta l’udienza in Corte d’Assise per Alessia Pifferi, imputata per l’omicidio della figlia di 18 mesi, lasciata morire di stenti nel 2022. La donna viene giudicata dal perito capace di intendere e volere, affetta da dipendenza ed alessitimia ma non malata di mente, con la proposta di continuare a scontare la pena in regime carcerario. Il caso Pifferi scuote gli animi di noi tutti, che ci chiediamo che tipo di risposte, ancora una volta, potrà dare la psichiatria alla giustizia per chiarire quali dinamiche profonde sottendono ad un comportamento del genere.

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