Tre cronisti ieri a Roma che seguivano la protesta degli attivisti di Ultima generazione sono stati fermati, poi identificati, quindi perquisiti e infine trasferiti di fretta con una volante della Polizia al commissariato dove sono stati rinchiusi per due ore. Tutto questo ha un nome preciso: censura preventiva

Ieri la videomaker Angela Nittoli, il fotografo Massimo Barsoum e il videomaker Roberto Di Matteo sono stati fermati, poi identificati, quindi perquisiti e infine trasferiti di fretta con una volante della Polizia al commissariato Castro Pretorio dove sono stati rinchiusi in una piccola cella per due ore. La loro colpa? Seguire una protesta degli attivisti di Ultima generazione. Tecnicamente esercitavano il loro diritto di cronaca che è anche il cuore del loro mestiere. 

È accaduto ieri a Roma ma era già accaduto a Padova e a Messina. Il trasferimento al commissariato di Castro Pretorio è stato giustificato con l’esigenza di effettuare una perquisizione. I giornalisti però si erano offerti di mostrare il contenuto delle loro borse e dei loro zaini. Di certo sono stati portati lontano dal luogo in cui avrebbero potuto (e dovuto) fare il loro mestieri di cronisti. 

La Federazione nazionale della stampa racconta di avere già espresso le sue preoccupazioni dopo gli episodi di Padova e Messina in un incontro con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. “Durante quell’incontro – scrive il sindacato – il ministro aveva escluso che ci fosse un modus operandi della polizia per quanto riguarda verifiche e controlli sui giornalisti che seguano gli atti di protesta di Ultima generazione. Dopo quello che è accaduto oggi, appare invece evidente che esista una linea di intervento per scoraggiare i cronisti dal documentare i blitz di questi attivisti”.

Tutto questo ha un nome preciso: censura preventiva. Feccia da autocrazia. 

Buon venerdì. 

Nella foto: immagine di repertorio dal profilo X di Ultima generazione